di Simone Provenzano
Come risolvere i problemi quotidiani? Con la risposta giusta.
Ad essere sinceri, molto spesso, richiede molta più fatica trovare la domanda giusta piuttosto che la risposta giusta.
Non è un gioco di parole. Tutt’altro.
I problemi che ci troviamo davanti quotidianamente possono essere affrontati in molti modi. Stiamo parlando di quel genere di problema che prevede che voi possiate, col vostro intervento, apportare delle modificazioni tali da poter ritenere migliore la vostra esistenza. Questa categoria di problemi è decisamente ampia: spazia da come togliere le croste al toast a scegliere una casa, da accomodare un lavandino a decidere se la nostra anima gemella sia davvero così gemella.
Stiamo parlando di tutte quelle situazioni in cui con un movimento di volontà e una azione (anche solo a livello psicologico e mentale) si raggiunge una nuova realtà caratterizzata da maggiore soddisfazione.
Siamo abituati a pensare e ritenere che i problemi ci si parino davanti come un cartellone pubblicitario con un enorme punto interrogativo stampato sopra. Come qualcosa di facilmente riconoscibile, qualcosa che è ovvio essere il problema, e che viene riconosciuto come tale senza nessun ulteriore sforzo.
La cosa purtroppo è leggermente più complicata di così.
Anche se un lavandino rotto o un fidanzato che ci ha fatto le corna sono problemi che contengono una certa evidenza in sé, questo non significa che sia automatica la definizione della domanda che il problema ci pone davanti.
La soluzione, la risposta, è semplice. Chiamiamo l’idraulico nel primo caso e mandiamo a cagare il porco traditore nel secondo (o, per chi ha una sottile vena masochista, potremmo provare ad accomodare con le nostre manine sia il lavandino che la nostra relazione).
La risposta è stata semplice. Qualcosa si rompe o non funziona più; se si può aggiustare, bene, altrimenti si cambia. Vale per tutto.
Ma torniamo alla domanda.
Questa, abbiamo detto, non è scontata. Quindi non è semplicemente: “cosa devo fare adesso?”. Ma è anche: “come sono arrivato qui?” e ancora “perché ci sono arrivato?”.
Possiamo tranquillamente chiamare l’idraulico per il nostro lavandino ma sarà solo uno spreco di tempo e danaro se non la finiremo di usare lo scarico come un trita rifiuti. Possiamo anche mandare a cagare il traditore, ma se non capiamo perché ce lo siamo preso stronzo, ne troveremo un altro altrettanto stronzo!
Prima di concentrarvi sulla risposta iniziamo a considerare con attenzione la giusta domanda che il problema ci pone.
L’attenzione alla domanda significa attenzione a ciò che ci circonda.
Attenzione al percorso, alle buche dove siamo già inciampati, alle sensazioni che proviamo ecc…
Come al solito attenzione su noi stessi. Non siamo così passivi come crediamo. La nostra esistenza è forgiata dalle nostre scelte, volontarie o meno, consce o inconsce. Non tutte: un meteorite che vi schiaccia la casa è sfiga, ma un lavandino che si rompe nello stesso modo per più di un paio di volte dovrebbe farvi riflettere.
Spero sia abbastanza evidente che il lavandino rappresenta tutte quelle situazioni problematiche in cui ci cacciamo, pensiamo di aver risolto ma che dopo poco si ripresentano in una forma simile se non uguale; magari cambiando gli interpreti ma mantenendo la sceneggiatura.
Se è così, e in parte lo è per tutti, è l’ora di concentrarsi maggiormente sulla domanda invece che correre tra le braccia di una rassicurante risposta.
Non è affatto facile.
Però è possibile.
Vi lascio con il solito aforisma. Però purtroppo non posso dirvi di chi è, facendo un torto all’autore e a voi. L’ho trovato scritto in uno dei miei tanti quaderni di appunti colpevolmente privo di attribuzione:
“Le risposte sono sempre limitate, provvisorie, insoddisfacenti. Le domande invece sono il vero motore dell’attività mentale: un uomo che non si pone domande, o che si contenta delle risposte, non va molto lontano.”
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