Due pericoli da evitare.
Il silenzio e il capro espiatorio.
Il silenzio perchè non
risolve nulla, scava fossati, costruisce trincee, uccide la
fraternità. Impedisce la crescita individuale e comunitaria.
Il capro espiatorio è
inuitile e violento, addormenta le coscienze, mistifica la verità,
prepara solo l'individuazione del prosssimo soggetto da
colpevolizzare e sacrificare.
Cosa fare allora?
La strada è sempre
quella, tre azioni concrete: la verità, la giustizia e la
fraternità.
Che non sono, ripeto,
belle parole, ma azioni concrete.
La verità: cosa è
successo?
Riscostruire nella
chiarezza e nella sincerità quello che è successo, ammettendo pure
che i racconti individuali (proprio perchè sono racconti personali e
quindi rileaborazioni dei vissuti e delle memorie) possano contenere
discordanze. Questa è la verità, la ricostruzione condivisa delle
memorie discordanti.
La giustizia riconosce il
danno e ne cerca le cause, risolve i problemi, individuando
alternative possibili al male, cura le ferite, riconoscendo gli
errori e modificando i percorsi. È la verifica della vita davanti ad
un giudice esterno, lucido ed autorevole, empatico ed equilibrato.
La fraternità è la
compassione che diventa riconoscimento delle reciproche debolezze, la
sola in grado di ammettere che ognuno è responsabile del danno. Il
dolore è di tutti e tutti hanno dato la loro parte.
Solo così, a mio parere,
si riparte.
Fermando le bocce.
Chiudendosi dentro una stanza. Riconoscendo la natura collettiva di
questo peccato originale. Chiedendo la supervisione di un occhio
esterno autorevole e sereno.