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Come scocca la saetta? Te lo dice LOFAR

Creato il 22 aprile 2015 da Media Inaf
Una doccia di particelle prodotta da un raggio cosmico raggiunge LOFAR attraversando una nube temporalesca. Crediti: Radboud University

Una doccia di particelle prodotta da un raggio cosmico raggiunge LOFAR attraversando una nube temporalesca. Crediti: Radboud University

«Quelle prese durante i temporali le scartavamo, erano troppo confuse. Non che le gettassimo letteralmente nella spazzatura: semplicemente, non le analizzavamo», ricorda ora Pim Schellart, astronomo alla Radboud University di Nijmegen, in Olanda, riferendosi alle misure effettuate con ricevitori della rete d’antenne di LOFAR. Ed è una fortuna che non se ne siano sbarazzati. Recuperate dal “cestino”, ora quelle misure sembrano contenere la chiave per rispondere a una domanda tanto affascinante quanto cruciale per la sicurezza di persone e infrastrutture: come nascono i fulmini nelle nubi temporalesche?

I primi risultati di questa originale ricerca – nata un po’ per caso da osservazioni radioastronomiche, per poi crescere al confine tra fisica dell’atmosfera e fisica delle particelle – verranno pubblicati il 24 aprile su Physical Review Letters. E per ricostruirne la storia occorre partire da lontano, da lontanissimo: dalle esplosioni stellari e da altri fenomeni astrofisici. Fenomeni che producono un flusso ininterrotto di raggi cosmici, particelle energetiche che ci bombardano in continuazione.

Ma che c’entrano queste particelle ad alta energia con i ricevitori a bassa frequenza – dalle decine alle centinaia di MHz – di LOFAR, acronimo per Low-Frequency Array, una rete di 25mila antenne distribuite fra Olanda, Germania, Regno Unito, Francia e Svezia? «L’interazione dei raggi cosmici con i nuclei dell’atmosfera terrestre», spiega Rossella Cassano, ricercatrice presso l’INAF-IRA di Bologna e membro del LOFAR Survey Key Project, «produce il fenomeno degli air showers, delle vere e proprie cascate di particelle cariche che emettono principalmente per sincrotrone nel campo magnetico terrestre a bassa frequenza radio, al di sotto dei 100 MHz: un fenomeno fino a oggi utilizzato per studiare i raggi cosmici stessi. La novità di questo studio è stata l’analisi dell’emissione radio prodotta dagli air showers durante gli eventi temporaleschi e registrata da LOFAR ».

Proprio quelle emissioni, dunque, che inizialmente erano state scartate. In particolare, il team guidato da Schellart ha riesumato e analizzato le “impronte radio” di 31 di questi air showers (in totale erano 58, quelli raccolti durante i temporali, ma 27 contenevano segnali troppo deboli), mettendole a confronto con quelle – oltre 700 – raccolte in condizioni di bel tempo. E dal confronto è emersa la sorpresa.

«L’emissione osservata in condizioni temporalesche ha mostrato caratteristiche diverse da quella generalmente osservata con meteo regolare. Gli autori spiegano queste differenze come dovute agli intensi campi elettrici che si creano durante i temporali. E presentano questo risultato come un nuovo metodo per misurare i campi elettrici nelle nubi temporalesche: un’informazione cruciale per capire come si generano i lampi durante gli eventi temporaleschi», dice Cassano.

Cruciale per capire come si formano, e forse in grado di contribuire – si augurano i ricercatori – a formulare previsioni. I campi elettrici all’origine dei lampi sviluppano tensioni spaventose: anche 50 kV/m, che su estensioni chilometriche si traducono in differenze di potenziale di centinaia di milioni di volt. Quantità di energia enormi, tali da rendere i metodi attualmente in uso – che si affidano a strumenti a bordo di aerei, palloni o piccoli razzi – a volte pericolosi. Non solo: il loro raggio d’azione è comunque troppo circoscritto, e i dispositivi utilizzati alterano le misure. Tutti difetti dai quali il sistema descritto dai ricercatori di LOFAR sarebbe esente: arrivando dallo spazio a velocità prossime a quella della luce, i raggi cosmici permettono infatti di sondare le nubi temporalesche da cima a fondo, producendo un’immagine pressoché in tempo reale dei campi elettrici in esse presenti. E produrli non costa nulla: ci pensa la natura.

Per saperne di più:

  • Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Probing atmospheric electric fields in thunderstorms through radio emission from cosmic-ray-induced air showers“, di P. Schellart et al.

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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