Capita di leggere non solo di operai licenziati che si uccidono dandosi fuoco, come il bergamasco Sergio Marra, ma anche di imprenditori come il veneto Paolo Trivellin, buttatosi sotto un treno. Forse entrambi non avevano ascoltato le recenti parole del ministro della Repubblica Renato Brunetta. “E’ il mercato bellezza” aveva detto. Era, in sintesi, il rifiuto ad una politica industriale capace davvero di affrontare la crisi. Tutta roba “soviettista” diceva l’impareggiabile uomo di governo, accennando ad un possibile, per lui scandaloso, intervento governativo.
Capita di leggere invece un libro “Un Paese da scongelare. Disuguaglianza e crisi economica” di Aldo Carrà Aldo e Carlo Putignano (Ediesse), prefazione di Agostino Megale. Nel volume non ci si accontenta di fornire una diagnosi documentata dei mali del Paese. Qui troviamo il coraggio della proposta, proprio sui temi di politica industriale. Un contributo anche al prossimo congresso della Cgil. Con la consapevolezza che non basta elencare i necessari “ammortizzatori”, non basta alleviare la caduta e impedire i suicidi. Occorre innestare un processo nuovo di sviluppo. Con un intervento mirato e consapevole dello Stato, altro che lasciar fare al mercato. Agendo sulla domanda e sull’offerta, individuando i settori del futuro. Scoraggiando alcuni consumi e incoraggiandone altri. Puntando sulle biotecnologie, le nanotecnologie, le applicazioni medicali al campo della salute, l’informatica applicata ai servizi, le tecnologie per il recupero, il restauro, la valorizzazione e la funzione dei beni naturali e culturali.
L’intento esplicito degli autori è anche quello di “scuotere le incrostazioni esistenti nelle appartenenze e nelle identità”, l’immobilismo nelle scelte elettorali. “Scongelare l’Italia” scrivono, “significa attivare dinamiche sociali ed economiche, scuotere interessi costituiti, gruppi e corporazioni, promuovere il sogno di una società moderna, più ricca e più giusta”.
Capita così di leggere anche un articolo di Romano Prodi sul “Messaggero”. Ha puntualmente e con orgoglio elencato le troppo spesso dimenticate iniziative del precedente governo di centrosinistra. Come l’istituzione del credito d’imposta per la ricerca delle imprese. E’ stato eliminato dal centrodestra. Così come sono svaniti i sette miliardi destinati a sostenere l’infrastrutturazione tecnologica dei sistemi delle reti d’impresa, lo sviluppo della banda larga… Mentre il varo del taglio del cuneo fiscale che trasferiva alle imprese cinque miliardi di Euro aiutava a spingere il boom delle esportazioni. No, non è il mercato, bellezza che aiuta a uscire dalla crisi, verrebbe voglia di dire al ministro. Il mercato, lasciato solo, produce mostruosi drammi umani, come quelli sopra elencati, e congela gli assetti economici, sociali e politici.