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Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

Da B2corporate @b2corporate

Per quantificare il costo del capitale proprio esistono in letteratura diversi approcci. Ormai è prassi diffusa  fare riferimento al modello economico del Capital Asset Pricing Model (CAPM), in quanto, pur essendo soggetto ad alcuni critiche teoriche e difficoltà applicative, risulta comunque l’approccio più diffusamente accettato.

La formulazione del costo del capitale degli azionisti secondo il CAPM è la seguente

equazione 1

Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

dove:

rf è il tasso di interesse risk free, pari al rendimento netto dei titoli di stato;

MP è il premio di mercato che l’investitore-azionista si attende per il fatto di investire in un’attività rischiosa, corrispondente alla differenza tra il rendimento atteso dell’azionista ed il tasso risk free;

Beta è, in termini statistici, il rapporto tra la covarianza dei rendimenti del titolo con i rendimenti del mercato e la varianza dei rendimenti del mercato. Rappresenta il rischio sistematico legato all’investimento in una determinata attività finanziaria, poiché esprime di quanto varia il prezzo di un titolo al variare dell’indice di mercato. Come noto, il Beta è in funzione di diversi fattori, tra cui la leva finanziaria, ma anche la dimensione, la ciclicità del settore, le prospettive di crescita, il grado di leva operativa, il grado di diversificazione dell'attività, etc. In questo contesto si assume la formulazione del Beta più diffusamente accettata, al fine di esplicitare il

ruolo della leva finanziaria, ovvero:

 equazione 2

 

Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

dove:

Betal = Beta levered,

Betau = Beta Unlevered

Sostituendo l'equazione 2 in 1, il costo dei mezzi propri viene riformulato in funzione del leverage,

 equazione 3

 

Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

Beta unlevered per settore merceologico


Per il calcolo di questa sono stati utilizzati i dati di Borsa, basandosi sul principio che una opportuna elaborazione dei beta calcolati sulle singole società quotate consenta il calcolo dei Beta di settore.
La scelta presenta, come ogni scelta di carattere empirico, delle limitazioni, causate tra l'altro da una limitata liquidità del mercato borsistico italiano, soprattutto per quanto concerne la rappresentatività di alcuni settori merceologici. Pur con questo limite, l'utilizzo di dati delle società quotate pare un metodo, in ogni caso, trasparente e coerente con la necessità di misurare il rischio attraverso il confronto con un indice di mercato misurabile e rappresentativo della situazione italiana.


Per il calcolo dei Beta si procede attraverso i seguenti passaggi:

1.    Imputazione dei Beta levered e delle relative capitalizzazioni per ciascuna società quotata.

2.    Attribuzione di ciascuna società quotata, su cui è disponibile il Beta, al relativo settore di attività in proporzione alle relative capitalizzazioni; l'attribuzione avvenuta sulla base della riclassificazione per settore adottata da Mediobanca, al fine di rendere coerente il calcolo del Beta con le strutture finanziarie dei settori oggetto di analisi.

3.  Attribuzione ai dati Beta levered di settore (Borsa Italiana), dei coefficienti D/E e Tax rate di settore, calcolati dalle tabelle elaborate da Mediobanca per ciascun settore.

Considerazioni generali

In generale, si nota come i beta levered inferiori all'unità siano ben più frequenti di quelli superiori all'unità. La motivazione è data dal fatto che i beta sono ponderati con la capitalizzazione di borsa, per cui pochi settori particolarmente significativi in termini di sono controbilanciati da un numero ben maggiore di settori con beta inferiore ad uno. Il che incoraggia l'ipotesi che  la dimensione possa essere collegata alla tendenza di aumento del rischio. Questo fenomeno, caratteristico del nostro paese, può essere in buona parte giustificato dalla limitata capitalizzazione del mercato borsistico e dal ridotto flottante medio delle società presenti nel listino. Altro interessante fenomeno è collegato alla limitata variabilità nel tempo dei beta, dimostrata dalla correlazione esistente tra le due serie di dati pari a circa il 60%. Da ciò si ricava la conferma alle attese, per cui una corretta stima del rischio per settore non dovrebbe variare eccessivamente con il passare di un ragionevole lasso di tempo.

Se vuoi utilizzare lo strumento beta e conoscere i tool per calcolarlo, ti consigliamo di leggere l'ebook sugli Studi di Settore a cura di Maurizio Nizzola

Come si fanno gli studi di settore: il coefficiente Beta

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