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Come Spartaco – di Iannozzi Giuseppe

Creato il 22 gennaio 2014 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Come Spartaco

di Iannozzi Giuseppe

Spartacus

Spartacus

IN SOCIETA’

la società un discorso complicato
c’è la massa
e c’è quella che è massa per convenzione
c’è chi si solleva contro il potere
c’è chi invece ci resta dentro per…
per convinzione – distrazione
la massa c’è ed è confusione unificata

la società c’è e prova, prova
ad essere e ad essere fuori di testa
almeno per un tempo contato sul minuto
ti prenderanno dentro o ti faranno fuori
senza pensarci su due volte
senza pensarci senza chiederti
quale il tuo nome

BEI STRONZI

ma guardali quanti bei stronzi
guardagli le catene
e poi dimmi se, se sono ancora vivi
certo, respirano ma sempre troppo poco
hanno troppe commissioni e loschi affari
da legare – da incatenare nei lucchetti
dell’incoscienza, della cattiva finta scienza
ma tu, tu guardali bene: eroi di niente
stelle al collasso

io fortemente scarpe rotte
e niente in mano o in bocca…
io, incazzato così tanto
che me ne frega solo un tanto
e poi niente, sconvolgo la notte
e lo dico solamente a nessuno
io riesco ancora a sorridere per un niente
e una rossa rosa rubata al freddo inverno
e vivo, e vivo fortemente contento

ma guardali, guarda quanti bei stronzi
bestemmiano santi, si muovono scalzi
per non far rumore, per metterlo in culo
pure a te
poi proclamano innocenza
sciogliendo il sangue
dentro alla sfera del Negro Magro Vaticinio
ma guardali, guarda quanti sono
in Vaticano e altrove

guardali, guardali
tu digli che sono solamente dei bei stronzi
tu digli che sono finiti annegati
nelle pozzanghere dello loro ombre

guardali un’ultima volta, una sola
e poi via, via con me a molestare la noia
della notte, e se saran botte saranno
a buon fine – al termine della notte

RACCONTARSI

dovrei raccontarti di me
delle cazzate che ancora so fare
dovrei dirti che è stato amore
e una poesia scritta per te

ma il mio desiderio è un tenero vivere
ma il mio desiderio è un carnale morire
perciò penso che resterò in piedi da me
aspettando che il domani mi dica di te

CENTRO DELL’UNIVERSO

a volte
ti ricordo avvolta nell’umbratile fragilità
di quel portone d’avorio ch’era casa tua
poi più niente di te io so – non una verità

ricordo però il sapore dei tuoi baci aggraziati
all’interno del mio sgraziato
disgraziato
centro dell’universo


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