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Come sta l’ebook? Bene, male, dipende

Creato il 14 giugno 2015 da Mediadigger @mediadigger

In questo periodo si parla molto dello stato di salute dell'ebook, soprattutto in U.S.A. e Gran Bretagna, i due mercati principali. Perché? Perché dopo anni di ascesa quasi esponenziale, il 2014 ha visto questa spinta affievolirsi in maniera sensibile.

Si è occupato del fenomeno, tra gli altri, l'autorevole The Bookseller, con un articolo in cui si confronta l'andamento del mercato librario in Gran Bretagna e negli Stati Uniti: se nel paese europeo si registra comunque un'ascesa nelle vendite degli ebook dell'11% (che tuttavia non compensa, in termini di ricavi, le perdite del cartaceo), è oltreoceano che la frenata risulta più evidente: da numeri a tre cifre nei primi due anni Dieci (+375% nel 2010/11, +134% nel 2011/12), già nel 2013 la crescita era "solo" del 18%, e nel 2014 si registra un misero 5%.

Le vendite di ebook rappresentano il 17% del valore totale, ma per i romanzi la percentuale è del 37%, chiaro segnale che "i lettori continueranno ancora a richiedere un mix flessibile di cartaceo e digitale, senza che uno dei due pattern predominerà".

L'articolo poi fa varie riflessioni sulle possibili cause del fenomeno e analizza più in dettaglio alcuni segmenti. Consiglio a chi fosse realmente interessato di leggersi integralmente il pezzo, di cui sintetizzo rapidamente alcuni dati:

  • è difficile individuare una vera crescita del digitale nei prodotti editoriali per giovanissimi lettori: in sostanza si rileva ancora l'importanza del libro cartaceo nelle vite dei bambini, nonostante il sempre costante uso di internet e della tecnologia. Insomma, alla faccia di Prensky, i nativi digitali preferiscono i libri di carta, come anche posso constatare ogni giorno con le mie figlie.
  • Se si fanno i conti in tasca ai Big Five - Penguin Random House, Hachette, HarperCollins, Pan Macmillan -l'aumento delle vendite di ebook sale a +15.3% rispetto al 2013: ma i ricavi relativi crescono solo del 6.8%. Segno che il prezzo medio diminuisce (o gli acquirenti comprano più ebook a basso prezzo) e quindi i margini per l'editore si restringono. "In other words, growth comes at a cost."
  • Il mercato scolastico digitale deve ancora svilupparsi, ma quello accademico è molto più vitale.

Questi dati, dice scherzosamente un articolo su Digitalbookworld, hanno fatto tirare un sospiro di sollievo a molti editori presenti alla London Book Fair (è nota infatti la malcelata ostilità degli editori nei confronti dell'ebook); ma, prosegue l'autore, se si pensa che il digitale sia in fase di regressione, ci si sbaglia di grosso. E spiega perché.

Nel farlo si affida a una teoria di Steven Sinofsky, ex presidente Microsoft, che ha individuato 4 fasi nel processo di disruption (chiamiamola "discontinuità") che reca con sé la tecnologia:

FASE 1 - Disruption of Incumbent: l'innovazione è un bel giocattolo, ma non è vista come fondamentale per il proprio business. Nell'editoria digitale, dice l'articolo, si può parlare degli anni 2007-2010.

FASE 2 - Rapid Linear Evolution: l'innovazione prende una nuova traiettoria e viene percepita come tale, ma è ancora solo tollerata, sebbene si accetti di incorporarla gradualmente nel proprio processo di produzione. Per l'editoria digitale si parla degli anni 2010-13.

FASE 3 - Appealing Convergence: la discontinuità è avvenuta, ma il mercato si stabilizza. Si verifica una forma di convivenza mista digitale-analogico. Siamo per l'editoria in questo attuale periodo, il 2015.

FASE 4 - Complete re-imagination: è l'ultimo stadio della teoria di Sinofsky, quando cioè una categoria o una tecnologia viene rivista, reinterpretata e reinventata dalle fondamenta. Per l'editoria questa fase deve ancora iniziare, e allo stato delle cose è difficile dire quando ciò accadrà.

In un post di un anno fa avevo già parlato di mimesi ancora troppo fedele del digitale rispetto al cartaceo e di " traduzione troppo letterale " che l'ebook opera ancora, faticando a trovare una sua sua via per dare vita a nuove modalità di elaborazione e fruizione dei contenuti. Anche nel settore dell'editoria scolastica si avverte molto questa fase di transizione, quasi che l'ebook sia solo una crisalide da cui si attende con trepidazione che fuoriesca una meravigliosa farfalla che stupirà tutti per la sua bellezza.

Prima di concludere, riporto le due riflessioni finali dell'articolo Publishing's Digital Disruption Hasn't Even Started fin qui sintetizzato e, in parte, tradotto:

Pensate a come altre industrie hanno vissuto questa fase di disruption: Uber, la più grande compagnia di taxi, non possiede nemmeno un veicolo; Facebook, il più popolare proprietario mediatico, non possiede contenuti; Alibaba, il venditore più valutato, non ha un magazzino. Airbnb, il più diffuso sistema di alloggi, non possiede nemmeno un'agenzia immobiliare.

Tutto ciò mi ricorda in qualche modo una frase del mio amico Mauro Sandrini nel suo Elogio degli ebook: il fatto che i giovani non comprino più cd non significa che non ascoltano più musica. Anzi, ne ascoltano come e più di prima. Solo che cambiano le modalità in cui viene fruita e diffusa.

Infine, l'ultimo pensiero dell'articolo va agli editori:
Ironicamente, uno dei talloni d'Achille degli editori - la loro presunta impenetrabilità e inadeguatezza nei confronti dell'innovazione - potrebbe nei fatti aiutarli ad attutire l'impatto della disruption. Comunque, non la fermerà.


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