Uno spettrometro di gravità dell’University of Technology di Vienna. Crediti: TU Vienna
È un’aurea di mistero ad avvolgere questa componente di Universo, a partire dal suo nome: dark energy, l’energia che c‘è ma non si vede, compagna inseparabile della dark matter, l’altra signora dell’oscurità, intesa come ignoranza.
Un mistero che si espande per la maggior parte dello spazio oggi conosciuto: tutte le particelle osservate occupano circa il 5% della massa e dell’energia dell’Universo. Il resto è ancora un enigma, composto da questi due grandi pilastri: materia oscura ed energia oscura, che ancora adesso non trovano una spiegazione scientifica.
Ora un gruppo di ricercatori guidato dall’University of Technology (UT) di Vienna afferma di aver trovato il filo per dipanare la matassa di questo dilemma. E per farlo direttamente in laboratorio: gli scienziati hanno messo a punto un sistema per misurare gli effetti della forza gravitazionale a distanze piccolissime, trovando i limiti oltre ai quali si possono sviluppare nuove particelle o forze fondamentali. Questi limiti sono centinaia di migliaia di volte più restrittivi rispetto alle stime precedenti, il che secondo gli autori dell’esperimento lascia ben sperare sulla possibile individuazione di particelle mai osservate prima.
“Dopotutto lo spazio vuoto non è forse così completamente vuoto, ma permeato da un campo sconosciuto simile a quello di Higgs” dice Hartmut Abele, professore all’UT di Vienna e leader del progetto. L’ipotesi di questo “campo sconosciuto” ha a che fare con la cosiddetta teoria della quintessenza, che considera l’energia come la quinta forza oltre alle quattro forze fondamentali responsabili della struttura della materia.
Ma se davvero esiste una forza aggiuntiva nell’Universo, allora dovrebbe essere possibile osservarla anche quaggiù sulla Terra. Per questo Abele e colleghi hanno sviluppato uno strumento estremamente sensibile, che hanno utilizzato per studiare le forze gravitazionali.
I principali indiziati per questo tipo di osservazione erano loro, i preziosissimi neutroni. Carica elettrica nulla, difficilmente polarizzabili e sensibili solo alla gravità: queste particelle sono ideali per cercare possibili forze ancora sconosciute che agiscano su di loro.
La tecnica sviluppata prende neutroni a partire da una delle “fonti” più potenti al mondo, quella dell’Institut Laue-Langevin di Grenoble. I neutroni sono stati poi incanalati attraverso due piatti paralleli: in base alla fisica quantistica, le particelle possono occupare solo stati quantici discreti, con energie che dipendono dalla forza che la gravità esercita sulle particelle stesse. Sfruttando questo principio, i ricercatori hanno fatto oscillare i due piatti, inducendo così nei neutroni un cambiamento dello stato quantico che poteva essere rilevato.
Ed è proprio questa la misura che ha superato in precisione tutte quelle fatte in precedenza: sfruttando le proprietà quantistiche dei neutroni, i ricercatori hanno ottenuto informazioni sulle forze che agiscono su di loro. Chiudendo così l’imbuto della ricerca della famosa forza che dovrebbe confermare la presenza dell’energia oscura.
Un passo, sia chiaro, che per adesso è ancora lontano: “Non abbiamo individuato alcuna deviazione dalle ben affermate leggi newtoniane della gravità” spiega Hartmut Abele. “Ma possiamo già escludere un gran numero di parametri”.
Procede quindi in questo modo la ricerca della quinta forza dell’Universo: per eliminazioni, con la speranza di trovare un giorno il neutrone che testimonierà la presenza oscura di quell’energia misteriosa.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli