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Come ti smaschero le stelle “false magre”

Creato il 11 gennaio 2016 da Media Inaf
L’ammasso globulare 47 Tucanae visto dal Telescopio Spaziale Hubble. L’ammasso globulare si trova nella costellazione del Tucano, è situato a 15 mila anni luce da noi ed è uno degli ammassi stellari più ricchi della Via Lattea. Ha un diametro di 120 anni luce e contiene circa un milione di stelle, con masse tipiche inferiori a quella del Sole. (Crediti: NASA, ESA, and the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration)

L’ammasso globulare 47 Tucanae visto dal Telescopio Spaziale Hubble. L’ammasso globulare si trova nella costellazione del Tucano, è situato a 15 mila anni luce da noi ed è uno degli ammassi stellari più ricchi della Via Lattea. Ha un diametro di 120 anni luce e contiene circa un milione di stelle, con masse tipiche inferiori a quella del Sole. (Crediti: NASA, ESA, and the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration)

Conoscere con precisione e affidabilità la massa delle stelle è fondamentale per ricostruirne la storia, poiché la massa è proprio il parametro principale che determina l’evoluzione di un astro, stabilisce la durata della sua ‘vita’ e segna quello che sarà il suo destino finale. Un team tutto italiano di astronomi guidato da Francesco Ferraro, dell’Università di Bologna e associato INAF,   e comprendente anche Davide Massari, in forza all’Osservatorio Astronomico di Bologna dell’INAF, propone un metodo per misurare la massa delle stelle, una sorta di “bilancia cosmica” grazie alla quale è possibile identificare, in mezzo ad una moltitudine di astri di piccola massa, oggetti più pesanti che sarebbero altrimenti indistinguibili. Il metodo, che viene pubblicato oggi in un articolo sulla rivista The Astrophysical Journal, risulta particolarmente utile per scovare stelle “false magre” all’interno di ammassi globulari galattici ed è stato sviluppato nell’ambito del progetto Cosmic-Lab, finanziato con quasi 2 milioni di euro dall’Unione Europea.

Gli ammassi globulari presenti nella nostra Galassia sono agglomerati di stelle piuttosto compatti che possono contenere anche milioni di astri, distribuiti in modo approssimativamente sferico. Studi sull’origine di questi oggetti hanno evidenziato che la loro formazione si attesta attorno a 13 miliardi di anni fa, dunque agli albori dell’universo, la cui età stimata è di circa 13,6 miliardi di anni. Secondo i modelli di evoluzione stellare, tutte le stelle maggiori di 0.8 – 0.9 masse solari presenti all’epoca attuale negli ammassi globulari hanno completato il loro ciclo evolutivo, finendo come nane bianche, stelle di neutroni o buchi neri. Ma le cose, in realtà, non stanno esattamente così. Da circa 60 anni gli astronomi hanno scoperto le Blue Straggler Star (BSS), una popolazione di stelle massicce (tra 1.2 e 1.6 masse solari) che, sorprendentemente, sono ancora all’inizio della loro vita. Secondo gli astronomi, questi oggetti così anomali (che non dovrebbero esistere, oggi, negli ammassi globulari) si sarebbero generati attraverso processi fisici capaci di aumentarne la massa, come collisioni dirette o fenomeni di vampirismo (trasferimento di materia da una compagna). La loro origine e i loro processi evolutivi, tuttavia, rimangono ancora un mistero. Le BSS sono generalmente osservate durante la loro fase di sequenza principale (quando producono la loro luminosità con una reazione termonucleare che converte idrogeno in elio nel nucleo). In questa fase, infatti, esse sono facilmente distinguibili (in termini di luminosità e colore) dalle altre stelle “normali”. Al contrario, in fasi evolutive avanzate (quando la luminosità dell’astro è prodotta da reazioni termonucleari più complesse) le Blue Straggler diventano completamente indistinguibili dalle altre stelle dell’ammasso. Per questo, fino ad oggi, era stata identificata (grazie a studi di variabilità) soltanto una BSS in una fase avanzata di evoluzione.

Ora, grazie alla “bilancia cosmica”, i ricercatori di Bologna sono riusciti finalmente a smascherare un’altra Blue Straggler evoluta, con una massa pari a 1.4 volte quella del Sole, nell’ammasso globulare 47 Tucanae. Ferraro spiega l’idea che sta alla base del procedimento utilizzato: «l’abbondanza di un dato elemento chimico misurata dalle righe di assorbimento degli atomi ionizzati è fortemente legata alla massa stellare, mentre tale dipendenza è trascurabile se si usano le righe spettrali dello stesso elemento allo stato neutro. Di conseguenza, poiché le abbondanze di tale elemento ottenute dalle due misurazioni devono concordare tra loro, la differenza tra i due valori può essere utilizzata per ricavare la massa della stella. La differenza tra le due abbondanze chimiche può essere quindi considerata come l’indice di una bilancia a due piatti: quando si sceglie il valore di massa corretto, l’indice punta sullo zero».

«L’approccio è molto potente perché permette di stimare in modo accurato differenze di massa tra stelle, indipendentemente dal fatto che esse siano “normali” o “anomale” – aggiunge Massari – minimizzando cosi possibili incertezze ed errori dovuti all’applicazione di metodi differenti ».

Due delle stelle

Due delle stelle “pesate” dalla bilancia cosmica: nonostante siano indistinguibili in termini di luminosità e colore, la stella di sinistra ha una massa doppia di quella mostrata nel riquadro di destra. L’immagine è stata ottenuta dalla combinazione di tre esposizioni in filtri diversi, ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble (crediti: Cosmic-Lab/ Ferraro/Dalessandro)

Per i ricercatori, la scoperta non solo coincide con una nuova identificazione di BSS evoluta (nella cosiddetta fase di ramo orizzontale, quando la stella produce luminosità convertendo elio in carbonio nel suo nucleo), ma apre anche una nuova frontiera per lo studio di questi oggetti, proponendo un metodo spettroscopico capace di riconoscere stelle più massicce in un mare di astri con luminosità e colori del tutto equivalenti. «La larga applicabilità del metodo ad altri ammassi stellari promette di ottenere rapidamente grandi campioni di BSS evolute, permettendo finalmente uno studio sistematico di questi astri anche in fasi evolutive avanzate (finora completamente inesplorate), e di fornire quindi nuovi stringenti vincoli ai modelli teorici che cercano di spiegarne l’origine e i processi evolutivi» conclude Emilio Lapenna, dell’Università di Bologna e associato INAF, che ha partecipato alla ricerca.

Per saperne di più:

  • il sito web www.cosmic-lab.eu
  • l’articolo Weighing stars: the identification of an Evolved Blue Straggler Star in the globular cluster 47 Tucanae di F.R. Ferraro, E. Lapenna, A. Mucciarelli, B. Lanzoni, E. Dalessandro, C. Pallanca, D. Massari pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal l’11 gennaio 2016

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani


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