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Come trasformare le Olimpiadi di Sochi in un quadro astratto e perché è utile farlo.

Creato il 30 gennaio 2014 da Sdemetz @stedem

Provate a immaginarvi seimila atleti e allenatori, venticinquemila volontari, tredici mila rappresentanti media, duecentonovantaquattro medaglie, quindici discipline, tre mascotte, cinquanta miliardi di dollari, novantotto gare, trentasettemila agenti per la sicurezza, duecentosessantacinquemila litri di zuppa borsch, settemila cuochi, camerieri, baristi, e  poi migliaia di macchine, pullman, centinaia di aerei, chilometri e chilometri di transenne e reti, tonnellate e tonnellate di tubolari per tribune, tende e scale, migliaia di risme di carta, chilometri di cavi per televisione e telecomunicazioni, litri e litri di acqua, di birra, di vino, di vodka, migliaia di lenzuola per hotel e villaggi olimpici, migliaia di penne e di post-it, migliaia di biglietti da visita e di spillette e ancora migliaia e migliaia di strette di mano e di abbracci, e forse di pugni e forse di baci.

Ci siete riusciti? Questa lista è solo un minuscolo frammento di ciò che saranno le Olimpiadi di Sochi, che si inaugurano il 7 febbraio prossimo.

Se provassimo a immaginare nello stesso istante tutto, ma davvero tutto ciò che ci sarà, tra persone e oggetti e materiali e azioni, ne usciremmo pazzi. Ci verrebbero le vertigini. Se tutto questo ci attraversasse nello stesso istante ne moriremmo.

E a tutto questo si aggiungono, inoltre, altre forze che saranno presenti in modo massiccio: gli imprevisti e le emozioni.

Le emozioni saranno gioia, esultanza, delusione, disperazione, rabbia, soddisfazione, affetto, amore, odio … e gli  imprevisti, a loro volta hanno sottocategorie, che potremmo chiamare: coincidenze, sorprese, incidenti, accidenti, fatalità, contrattempi, ostacoli e … appunto eventualità.

Ecco cos’è un evento: cose, oggetti palpabili e persone – a migliaia e milioni se contiamo anche chi, come me starà seduto davanti alla TV lontana chilometri e chilometri da Sochi. E poi ci sono le cose immateriali e le sensazioni. Tutto dentro lo stesso contenitore e tutto che si tocca e si incrocia.

Immaginate …

Immaginate ora di essere dentro tutto questo e lentamente vi sollevate dal terreno, come se poteste volare, andando sempre più su e sempre più su. Da lontano tutte queste cose perderebbero lentamente le loro fattezze, i particolari.

Le persone diventano puntini, i cavi e le strade diventano linee, le tribune, le macchine, le tende, diventano chiazze. Se togliessimo pezzo per pezzo, ogni dettaglio, ogni connotazione, ogni descrizione, se, in definitiva, astraessimo tutto questo, se davvero astraessimo il nostro pensiero e il nostro sguardo, alla fine non vedremmo più né umani e né oggetti. Vedremmo solo macchie indistinte. Vedremmo un quadro.

 

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Pollock? No, in realtà questa è un’astrazione di Pollock, un gioco.

Ma per me è soprattutto un buon esercizio per descrivere graficamente un evento.

Progetto e Casualità

Ogni colore è un gruppo di persone, una funzione, un obiettivo. E ogni gruppo, funzione obiettivo si lega, si interseca, tocca e penetra altri gruppi, funzioni, obiettivi (o altre persone, o strade, o cavi…).

Io, come organizzatore scelgo i colori e scelgo dove piazzarli nel grande spazio che devo occupare. Ma poi, poi c’è sempre quell’imprevisto: una goccia che cade casualmente a destra o a sinistra. Una macchia che cola. Un linea che non segue il percorso che avevo pensato all’inizio. Una dinamicità che vibra ed emoziona.

E tutto avviene dentro uno spazio definito: uno stadio, un teatro, una piazza … dentro la cornice.

Il potere dell’astrazione

L’astrazione aiuta a capire cos’è un evento: qualcosa accade dentro uno spazio con un misto di progettazione, scelta e casualità. E molta emozione.

L’astrazione aiuta a non  farsi prigionieri delle cornice, aiuta a vedere il paesaggio complessivo, aiuta a riconoscere l’essenziale.

E ora, un gioco

Se semplicemente vi piace Pollock o se volete improvvisarvi pittori di un evento,  ecco il gioco che può ricalibrare la percezione su ciò che stiamo facendo e soprattutto che ci ricorda che alla fine anche noi siamo solo una macchia di colore su un tela. Per giocare clicca qui.


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