“Mi occuperò qui di un aspetto dell’esperienza di sé che è privato, non conflittuale e individuale, e che chiamerò il << restare oziosi >>, essere << come un campo lasciato a maggese >>. Il terreno << fallow >> è così definito dall’Oxford English Dictionary: << Terreno che è stato ben dissodato e arato, ma che non viene seminato per un anno o più >>. Quello che desidero esaminare è uno spazio psichico di inerzia o svagata indifferenza o semplice pigrizia dell’animo; non è neppure una forma di fuga da un eccessivo attivismo e pragmatismo. È uno stato transizionale dell’esperienza, un modo di essere caratterizzato da una quiete vigile e da una consapevolezza ricettiva, densa e sensibile. […] Di solito, ciò che avvertiamo a livello cosciente, è una blanda riluttanza a dedicarci a qualcosa che dovremmo fare. Proviamo a rimproverarci con severità, ma in qualche modo non riusciamo a metterci in moto e a costringere le nostre facoltà ad applicarsi a quel compito. Sentiamo il bisogno di una moderata indolenza e di riuscire spontaneamente ad abbandonare tale stato d’animo benignamente passivo e languido. […] La condizione psichica del restare oziosi è quindi uno stato d’animo transizionale e transitorio; una condizione psicologica non conflittuale, non pulsionale, intellettualmente acritica; un’abilità dell’Io; uno stato d’animo vigile e sensibile, ma non integrato, passivamente ricettivo e labile. Uno stato d’animo in larga misura non verbale, fatto di immagini e che si esprime in modo cinestetico. Direi inoltre che questo stato d’animo è sperimentato ed espresso in gran parte attraverso il silenzio, persino con se stessi”.
(Masud Khan, Come un campo lasciato a maggese, da I Sé nascosti, Boringhieri)