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Ho scritto che le idee di Dominique Venner «non erano poi tanto diverse da quelle che in Italia hanno trovato megafono ne Il Foglio di Giuliano Ferrara», ma forse sarebbe stato meglio accostare brani tratti da dominiquevenner.fr e da ilfoglio.it, evitando ogni commento. Poco male, perché a conferma di quanto affermavo torna utile Giulio Meotti, che maltratta Dominique Venner come un parente stretto di cui ci si vergogna a morte (Il Foglio, 23.5.2013).Nulla, infatti, gli è rimproverato del suo dna: «la destra di Venner ha avuto premonizioni giuste, dal tracollo della natalità in Europa alla rampante islamizzazione delle sue principali città», e si tratta di «una destra che vive di risentimenti anche fondati», perché chi può negare «la decomposizione dell’Europa sotto la minaccia dell’islamizzazione e gli eccessi del postmoderno fra cui il matrimonio gay»? E allora? Cos’è che fa la differenza tra le battaglie culturali di Venner e quelle de Il Foglio? Ovvio, Venner si è suicidato, e il suo suicidio le dichiara perdenti.Sta di fatto che si tratta delle stesse piccole grandi pugne che esaltano Il Foglio, e dunque come la mettiamo? «Venner faceva parte di una destra torva, non tanto politicamente scorretta, quanto, piuttosto, cupa», «una destra che si nutre di immagini fosche», insomma, non s’è mai visto Venner tenere un dibattito pubblico su un palco pieno di mutande appese a un filo, né improvvisarsi rapper, né gorgheggiare arie del Rigoletto con una parrucca rossa in testa, e sì che la «destra segnata dalla lettura dei testi situazionisti della scuola di Guy Debord» era la sua, mica quella di Ferrara.La sua, ahilui, era «una destra inservibile e nutrita di paure», mica quella servile e nutrita di denaro pubblico de Il Foglio. Il suo, ahilui, era «un pensiero marginale e scorbutico», mica centrale e accattivante come quello di Ferrara. Poi, diciamola tutta, «Venner ha rivolto l’arma contro se stesso, mentre il killer norvegese [Ander Breivik] ha decapitato la futura classe dirigente laburista di Oslo» (sottinteso: «almeno»).
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