Comics e cinema, un’analisi quantitativa – Aggiornamento 2013

Creato il 25 marzo 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Speciale: Comics e cinema, un'analisi quantitativa

Introduzione

Lo scorso anno LoSpazioBianco vi ha proposto un articolo in cinque parti dove venne preso in analisi (da un punto di vista per lo più quantitativo) il fenomeno crescente dei cinecomics, vale a dire le trasposizioni cinematografiche di fumetti (nel nostro caso, anglo-americani). Gli articoli che vi erano stati proposti, iniziati a scrivere nei mesi finali del 2012 e pubblicati a metà del 2013, prendevano in considerazioni le pellicole prodotte dal 1978 (anno del primo Superman di Richard Donner) al 2012; l’anno appena trascorso si è rivelato particolarmente significativo per l’oggetto della nostra analisi, confermando alcune tendenze e corroborando alcune delle tesi espresse nell’articolo in cinque parti di cui sopra, tanto da rendere necessario un aggiornamento dei dati.

Analisi

Sono 9 i cinecomics prodotti quest’anno: Iron Man 3, Thor: The Dark World, Man of Steel, The Wolverine, Kick-Ass 2, Red 2, Oblivion, R.I.P.D. e 2 Guns.

Per il secondo anno consecutivo il film che ha realizzato i maggiori introiti è tratto da un fumetto, Iron Man 3 per l’appunto, con oltre un miliardo e duecento milioni di dollari incassati, distribuito da Walt Disney Company come The Avengers, film campione di incassi del 2012.

Il 2013 è stato l’anno con il maggior numero di adattamenti cinematografici di sempre, come potete osservare dal grafico sottostante:

 

Dei nove film, quattro sono tratti da fumetti pubblicati dalla Marvel, due da fumetti della DC Comics, uno da un fumetto Dark Horse, uno da un fumetto BOOM! Studios e uno da un fumetto Radical Comics. Numeri che aumentano ulteriormente il divario tra il numero di film del XXI secolo tratti da fumetti Marvel e il numero di film tratti da altre case editrici.

Che la preponderanza Marvel sia una novità degli ultimi tredici anni vi è stato mostrato nella prima parte del precedente articolo. Nel grafico in basso potete vedere il totale degli adattamenti cinematografici prodotti a partire dal 2000 suddivisi per la casa editrice del fumetto corrispondente.

 

Nella seconda parte del precedente articolo, vi avevamo mostrato come la tendenza a serializzare film (produrre quindi prequel, sequel o reboot) fosse in aumento rispetto i decenni precedenti: i dati del 2013 confermano con questa tendenza, con 6 film su 9 facenti parte di serie di film.

Nella stessa sede avevamo preso in analisi un altro dato in vario modo legato alla tendenza alla serializzazione: la crescita della percentuale degli incassi maturati fuori dagli Stati Uniti d’America, detta foreign. In breve, ad ogni nuovo capitolo di una serie di film, diminuisce la percentuale di dollari incassati negli Stati Uniti d’America e aumenta la percentuale incassata all’estero. Nel grafico che segue potete vedere l’andamento della percentuale media di incassi all’estero dal 1990 ad oggi.

 

Come potete osservare, negli anni ’90 la percentuale costituita dal foreign oscilla da un minimo del 17% registrato nel 1996 ad un massimo del 56,3% registrato nel 1993 (1), per ben 5 anni su 10 la percentuale del foreign è inferiore alla soglia del 40%. Nel XXI secolo la situazione cambia nettamente, infatti, si va da un minimo del 46.9% registrato nel 2000 fino al record del 2012 del 61,8%, e mai in tredici anni si è scesi sotto la soglia del 40%. Negli anni ’90 la media degli incassi all’estero rispetto all’incasso totale è del 41%, nel XXI secolo è oltre undici punti in più, il 52,5%. Nel 2013 i film tratti da fumetti hanno incassato, in media, il 60,1% del loro incasso totale fuori dagli U.S.A., un dato lievemente inferiore a quello del 2012.

Proviamo a incrociare i dati del foreign con la serialità: proviamo, cioè, a vedere come cambia la percentuale delle entrate all’estero ad ogni nuovo capitolo di una serie cinematografica. Abbiamo provato a incrociare i dati riguardanti cinque serie: Iron Man, Thor, Wolverine, Red e Kick-Ass. Ecco il grafico che riassume i dati rilevati.

Leggiamo insieme il grafico.

Il primo capitolo di Iron Man (2008) incassò il 45,6% dei suoi introiti fuori dagli U.S.A., con Iron Man 2 (2010) tale percentuale aumenta al 49,9%, nel 2013 con Iron Man 3 la percentuale schizza al 66,3%. Il dato del foreign è, dunque, aumentato in totale di 20,7 punti percentuale tra il primo e il terzo capitolo.

Un dato molto significativo anche per le due pellicole dedicate al mutante artigliato: X-Men Origins: Wolverine (2009) incassò il 51,8% del totale all’estero, con The Wolverine (2013) la percentuale è salita al 68%, con un aumento totale del 16,2%.

Thor (2011) ha incassato all’estero il 59,7% del totale, mentre il secondo capitolo Thor: The Dark World (2013) ha incassato all’estero il 67,9% (+8,2%). Red (2010) ha incassato all’estero il 54,6% degli introiti totali, Red 2 (2013) il 62,5% (7,9%). Un lieve aumento c’è stato anche per la serie Kick-Ass dove il dato foreign è salito dal 50% del primo capitolo al 51,6%.

Nella seconda parte del precedente articolo era stato mostrato come l’aumento della percentuale di introiti all’estero era il risultato di tre fenomeni: la riduzione degli incassi negli Stati Uniti d’America, la stabilità dei mercati europeri e la crescita dei mercati cinematografici delle economie “emergenti”, in particolare asiatiche e sudamericane. I dati del 2013 mostrano delle novità: la percentuale dei mercati europei è mediamente calata, mentre la crescita delle percentuali dei mercati delle economie emergenti ha avuto una nuova accelerazione.

Nel grafico che segue sono indicati in termini percentuali gli incassi realizzati da Iron Man 3, The Wolverine e Thor 2 nei principali cinque mercati europei (Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna) in rapporto con l’incasso totale e sono confrontati con le percentuali degli episodi precedenti della stessa serie.

 

Se per Iron Man 3 è stato registrato un lievissimo aumento (+0,7%) rispetto a Iron Man 2, l’ultimo capitolo del franchise mutante ha fatto registrare un calo del 2,80%, mentre il calo per Thor: The Dark World è stato di 2,85 punti percentuali.

Situazione completamente diversa per i mercati di economie emergenti come Cina, Russia, Brasile, India e Messico. Si tratta di Paesi che vivono un forte processo di crescita economica (che, beninteso, in alcuni di essi ha un elevato e terribile costo in termini di diritti umani), sono interessati da una crescente urbanizzazione (in Cina, ad esempio, ogni anno 15 milioni di persone si trasferiscono dalla campagna alla città (2) ) e che nella maggior parte dei casi hanno una grande riserva di popolazione.

Per toccar con mano l’evoluzione di tali mercati, vi propongo il seguente grafico che mostra gli incassi realizzati nei Paesi sopracitati dalla serie di film dedicati a Iron Man. Le cifre sono espresse in milioni di dollari:

 

L’aumento più vistoso c’è stato in Cina dove il primo Iron Man (2008) aveva incassato 15,2 milioni di dollari mentre Iron Man 3 ne ha incassati 121,2, un aumento di 106 milioni di dollari, quasi del 700%. In Russia si è passati dai 9,3 milioni del primo episodio ai 44,3 del terzo, in Brasile da 14,1 a 47,8 milioni, in Messico da 19,7 a 48,5, in India da 1,9 a 12,2. Nel 2008, Iron Man incassò in totale nei cinque Paesi 60,2 milioni di dollari, nel 2013, Iron Man 3 ne ha incassati 274 milioni (di cui oltre il 44% in Cina).

Nel grafico che segue, invece, potete osservare come la quota di mercato dei cinque Paesi di sopra (calcolata in riferimento ai guadagni totali) sia aumentata in termini percentuali, film dopo film dal 2008 al 2013, passando dal 10,3% al 25,5%, superando definitivamente nel 2013 le quote europee tradizionalmente superiori:

 

La Cina, come avrete intuito, è il principale motore di questa strepitosa crescita. Confrontando gli incassi esteri di Avengers (2012) e Iron Man 3 (2013), campioni delle rispettive stagioni cinematografiche, è ancor più evidente la crescita cinese avvenuta nel 2013:

 

Anche per Avengers il mercato cinese fu il più proficuo tra quelli esteri, ma la differenza tra la Cina e il Regno Unito (primo mercato europeo) era di poco più di 3,5 milioni di dollari. Per Iron Man 3 la differenza di proventi è salita a oltre 64 milioni di dollari, con il Regno Unito che scivola al terzo posto nella classifica dei mercati esteri e la Cina che si conferma al primo posto, aumentando la propria quota di mercato di 4,4 punti percentuali, trainando con sé la regione asiatica che nel complesso vede la sua quota di mercato passare dal 17,4% al 23,9% (+6,5%).

Se queste cifre non fossero abbastanza eloquenti per descrivere la crescita del mercato asiatico e in particolare cinese, permettetemi di portare un ultimo esempio. Pacific Rim, che non è classificabile come cinecomic, ma senza dubbio condivide una cultura e un pubblico affine, ha segnato un traguardo storico: con oltre 111 milioni di dollari incassati in Cina e 101 milioni incassati negli States, per la prima volta un film americano ha incassato meno in patria che in Cina.

Quali effetti potrà avere tale avvicinamento dei mercati asiatici al mondo dei comics, sui fumetti? Nell’articolo dell’anno scorso avevamo evidenziato come una strategia di mercato, legata al concetto di affirmative action che da sempre caratterizza le due maggiori case editrici americane, abbia negli anni portato sulle pagine dei fumetti sempre più culture e personaggi alternativi al tradizionale modello WASP (White Anglo-Saxon Protestant). In particolare negli ultimi anni con personaggi e ambientazioni legate al mondo arabo e asiatico. È da ritenersi ancora valido e confermato quanto scritto lo scorso anno. A patto che alla crescita del pubblico cinematografico corrisponda una crescita di lettori, cosa che, come illustrato lo scorso anno, non è affatto scontata o certa.

In generale i cinecomics hanno confermato la loro forza economica. Nel 2013, solo il 10% dei film tratti da fumetti anglo-americani non è riuscito a incassare il costo di produzione, mentre gli introiti di un altro 10% restano sotto la soglia di un incasso doppio rispetto al costo di produzione. In definitiva, per l’80% dei cinecomics del 2013, gli incassi hanno ripagato gli onerosi investimenti. Dati che ritoccano positivamente quelli riferiti a tutto il XXI secolo.

Allo stesso tempo il mercato sta mostrando gli effetti della crescita della Walt Disney Company, i cui due film distribuiti (Iron Man 3 e Thor: The Dark World), costati insieme circa 370 milioni di dollari, hanno incassato quanto gli altri sette messi insieme, vale a dire oltre 1,85 miliardi di dollari.

Terminato il ciclo di Christopher Nolan alla regia di Batman, con un costoso rilancio del brand di Superman (un budget di produzione intorno ai 225 milioni) solo in parte riuscito e un progetto Justice League sul quale ci sono non poche perplessità, la Warner Bros fatica non poco in questo genere cinematografico a tenere il passo della concorrente; Fox e Sony vedono invece legati i propri destini rispettivamente agli X-Men e Spider-Man: due marchi ancora in salute, almeno dal punto di vista economico. La Universal, invece, ha optato per una tattica molto diversa, distribuendo ben quattro film (Kick-Ass 2, 2 Guns, Oblivion, R.I.P.D.) caratterizzati da budget molto differenti tra loro (28 milioni di dollari di Kick-Ass 2, 60 per 2 Guns, 120 per Oblivion,  130 per R.I.P.D.) che hanno generato un incasso totale tutto sommato modesto, poco più di 550 milioni di dollari.

 

La stagione 2013 ha segnato dunque un nuovo record per quanto riguarda i costi di produzione totali del genere cinecomics, mentre il dato sui guadagni è secondo solo al 2012. Le cifre sono espresse in milioni di dollari:

 

Con queste cifre e con oltre una dozzina di cinecomics in uscita nelle sale cinematografiche nei prossimi 18 mesi, tale genere si conferma anche quest’anno come uno dei più proficui (se non il più proficuo) e prolifici del settore cinematografico.

La Walt Disney Company detiene, senza ombra di dubbio, una posizione di forza sugli operatori rivali che con ogni probabilità sfrutterà alzando ulteriormente il livello economico delle produzioni (ipotesi che appare assai probabile alla luce di quanto fatto nei precedenti dodici anni, come vi è stato mostrato nella quarta parte del precedente articolo).

Altri distributori come la Universal, che lavorano con titoli meno attraenti e con produzioni minori, sembrano invece cercare una sorta di effetto coda-lunga, tattica che però ha dato, almento fino ad ora, risultati modesti e ha mostrato di essere rischiosa attraverso enormi flop come R.I.P.D..

 

Note

  1. Tranne quando diversamente indicato, i dati sono tratti dal sito boxofficemojo.com [↩]
  2. Federico Rampini, Vinti di oggi e vincitori di domani, p. 28 in Limes – Rivista italiana di geopoliticaIl mondo dopo Wall Street, n. 5/2008, Gruppo Editoriale L’ Espresso, ottobre 2008. [↩]
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