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Comitati Sardi InRete – Resoconto conferenza stampa

Creato il 21 marzo 2014 da Yellowflate @yellowflate

MANIFESTO D’INTENTI

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La storia recente della Sardegna è quella di un territorio costellato di progetti economici
calati dall’alto e dall’esterno, progetti i cui benefici restano in capo alle lobbies
economico-finanziarie che li propongono, laddove i costi di tali progetti sono invece
scaricati sulla collettività, attraverso gli incentivi economici, i danni ambientali, sociali ed
economici da essi causati. Si tratta di un meccanismo collaudato che si ripete da decenni
e lascia dietro di sé un tessuto economico incapace di provvedere autonomamente alle
proprie necessità, comunità sfilacciate, costrette ancora oggi a vedere le energie più
fresche allontanarsi alla ricerca di quelle possibilità che una progettualità ad uso e
consumo di pochi ha cancellato; un paesaggio ferito da interventi decontestualizzati e
privi di qualsiasi relazione con l’ambiente circostante e l’economia locale, un territorio
privato delle competenze e delle popolazioni che ne garantiscano la tenuta e l’assetto.
Le rovine lasciate da decenni di gestione dissennata del territorio sono sotto gli occhi di
tutti: altissimi livelli di disoccupazione, povertà, disagio sociale, spopolamento,
abbandono delle campagne, dissesto idrogeologico, sottrazione di estensioni vastissime
di territorio per usi militari e industriali – con annesso inquinamento che si ripercuote sulla
salute pubblica – accaparramento di vastissime zone a vocazione agricola in tutta la
Sardegna con il pretesto della produzione di energia da fonti rinnovabili o assimilate,
veicolate da una disastrosa politica di incentivi statali (Cip6, Conto Energia, Certificati
Verdi etc..), che ha fomentato pure e semplici operazioni di carattere speculativo. Questo
è lo scenario con il quale si deve confrontare chi ancora vuole ostinarsi a vivere in
Sardegna, nonostante tutto.
È in questo quadro così delineato – che, senza la complicità della classe politica e
amministrativa e a comportamenti complici della società sarda, non si sarebbe mai
potuto comporre – che nasce l’esigenza da parte delle popolazioni di reagire, rinsaldare le
comunità e strutturare una linea di difesa nei confronti dell’aggressione incessante verso
il territorio. I Comitati spontanei che nascono in ogni luogo della Sardegna, pur con
diverse forme organizzative ed obiettivi, sono accomunati dalla necessità di ricostruire le
comunità per poter immaginare un futuro, di resistere ad un uso del territorio che
emargina chi quel territorio lo abita, costringendolo a vivere da straniero in casa propria o
ad emigrare.
Purtroppo l’opposizione dei singoli Comitati, da sola, spesso non basta. Sono troppo forti
gli interessi che investono le singole comunità: interessi di grosse aziende nazionali e
multinazionali, in grado di relazionarsi direttamente ai diversi livelli di governo
sovranazionale, statale e regionale, e perciò in grado di avere la meglio sulle ragioni di
popolazioni la cui voce spesso non arriva oltre il livello regionale, e anche a quel livello
trova interlocutori poco interessati al territorio e al rispetto delle prerogative di una
Regione a Statuto Speciale, quale è la Sardegna.
Si fa quindi impellente la necessità di unire le voci, le competenze, la passione dei diversi
Comitati locali, per porsi all’altezza delle controparti in modo da imporre il rispetto per le
comunità, i loro diritti, le loro esigenze e la loro progettazione del territorio, per spezzare il
senso d’impotenza su cui marciano gli speculatori, e così riprendere in mano il proprio
destino.

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Il perseguimento di tale obiettivo ha spinto diversi Comitati e Associazioni provenienti da
ogni parte della Sardegna a mettersi InRete, per condividere le esperienze, le
conoscenze e le competenze, per dare forza alle istanze che rappresentano la loro
stessa ragione di esistenza, per sostenersi vicendevolmente nelle difficilissime battaglie
che conducono in difesa del proprio territorio.
I Comitati e le Associazioni InRete intendono proporre un modello di organizzazione
sociale incentrato sui diritti collettivi e sulle esigenze delle popolazioni locali,
impegnandosi nel contempo a ricostruire un senso di comunità e appartenenza che si
ripercuota nella cura del territorio e nella consapevolezza che il bene collettivo è un
valore superiore all’interesse individuale, che il bene delle generazioni future non può
essere compromesso dall’egoismo e l’irresponsabilità delle generazioni attuali, che non vi
può essere benessere senza rispetto per l’ambiente e le comunità.
Un territorio abbandonato è terra di conquista per operazioni speculative totalmente
irresponsabili e prive di alcun orizzonte futuro, operazioni che lasciano il territorio
impoverito e fragile; i Comitati, pur impegnandosi contro singoli interventi specifici,
portano in sé l’intento implicito di porre fine a questa spirale di espropriazione, di
abbandono dei territori e privatizzazione dei beni comuni che sta condannando intere
comunità alla perdita d’identità, e alla conseguente scomparsa.
I Comitati Sardi InRete intendono porsi dinnanzi alla politica istituzionale in maniera
pragmatica: obbiettivo dei Comitati non è ottenere adesione o contiguità da un singolo
partito o da una parte politica, delegando ad altri la propria rappresentanza, ma porre le
proprie istanze al di là e al di sopra del dibattito politico tra schieramenti, badando solo al
perseguimento delle istanze di base che rappresenta e massimizzando la partecipazione
politica delle comunità, a scapito della logica deresponsabilizzante della delega.
I Comitati Sardi InRete fondano il motivo d’esistenza della propria unione nel
perseguimento di una serie di obiettivi primari, i quali saranno oggetto nei prossimi mesi
di campagne e documenti di approfondimento, di seguito brevemente riassunti per punti:
Questione energetica. Ottenere una moratoria sugli impianti industriali di produzione di
energia da fonti fossili e da fonti rinnovabili in fase di approvazione o di costruzione
(eolico, fotovoltaico, termodinamico, biomassa, idrocarburi, geotermico, stoccaggio di
CO2 ecc.), fino all’approvazione di un Piano Energetico e Ambientale Regionale redatto
con un coinvolgimento attivo e partecipato delle comunità locali, a questo scopo va
completamente rimesso in discussione il piano adottato frettolosamente e
silenziosamente dalla Giunta Cappellacci, in scadenza di mandato, appena un mese fa.
Fare in modo che il nuovo Piano Energetico preveda:
a. una produzione di energia elettrica commisurata alle reali esigenze delle nostre
comunità;
b. un azzeramento totale nel più breve tempo possibile del ricorso alle fonti fossili e
degli impianti che producono energia attraverso il processo di combustione;
c. una produzione energetica sostenibile da fonti rinnovabili ovvero il ricorso a fonti
rinnovabili non combustibili distribuite sul territorio, con particolare attenzione agli
usi domestici, alle aree produttive e alle piccole imprese, nell’ottica
dell’autoconsumo e dell’autonomia energetica.

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A tal fine si rende dunque necessario realizzare una rete di distribuzione elettrica
intelligente (Smart Grid) indirizzata all’armonizzazione di produzione e consumo e al
risparmio energetico. Occorre, inoltre, scoraggiare la realizzazione di megaimpianti
superiori a 1 MW, in modo da evitare il monopolio della produzione energetica,
l’accaparramento e il consumo di territorio e bloccare qualsiasi tipo di trivellazione, a terra
come al largo delle coste. Parallelamente, è necessario implementare e riattivare l’uso
delle centrali idro-elettriche per integrare e valorizzare la produzione di energia da fonti
rinnovabili. Propedeutico ai fini di una regolamentazione del sistema di produzione
energetica è inoltre il censimento e la verifica degli interventi autorizzati, anche di quelli
inferiori ad 1 Megawatt, ma comunque di natura industriale (non integrati sui tetti di
capannoni o abitazioni preesistenti), per i quali non è prevista la procedura di valutazione
d’impatto ambientale.
Rifiuti. Ottenere la sospensione di tutte le autorizzazioni in itinere per nuovi impianti di
incenerimento e combustione di rifiuti o per l’implementazione di quelli esistenti e la loro
progressiva dismissione. La redazione di un nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti che
persegua l’obiettivo “Rifiuti zero” attraverso:
a. la valorizzazione del recupero di tutta la materia post-consumo (secco compreso) a
scapito della produzione di energia ottenuta con la combustione dei rifiuti;
b. il potenziamento della raccolta differenziata e, di pari passo, l’adeguamento
qualitativo e quantitativo degli impianti finalizzati al recupero della materia e la
realizzazione di Centri riciclo a chiusura di tutto il ciclo di materiali post-consumo in
loco;
c. la conseguente predisposizione di un programma di nuova occupazione attraverso
il riutilizzo, il riciclo, il recupero e la riprogettazione industriale di beni e di prodotti
decostruibili e riciclabili;
d. il divieto di importazione in Sardegna sia di rifiuti urbani sia di rifiuti pericolosi.
Piano Agronomico. Predisporre un Piano Agronomico Regionale per il rilancio e
l’incentivazione dell’agricoltura, sia come attività fondamentale per immaginare un futuro
economico della Sardegna, sia per ricostruire un presidio e una salvaguardia del territorio
di cui si sente drammaticamente il bisogno; un Piano che dedichi attenzione alle piccole
e medie aziende e alle attività agricole volte a creare valide aspettative nelle giovani
generazioni, e che si ponga come obiettivo primario la filiera chiusa (produzione,
trasformazione e vendita), per abbattere una dipendenza dalle importazioni che in
prospettiva potrebbe mettere in dubbio la sicurezza alimentare dei sardi (l’85% dei
consumi agroalimentari è importato, in un contesto di crescenti turbolenze sui mercati
internazionali), creare nuovi posti di lavoro e affermare il diritto delle comunità alla
sovranità alimentare.
Poligoni militari. Ottenere la chiusura delle basi militari e la restituzione degli ampi spazi
sottratti alle comunità per le attività militari che hanno gravemente compromesso la
salubrità dell’ambiente esponendo le popolazioni ad alti rischi sanitari, riportando così la
titolarità di questi territori nelle mani dei legittimi comuni affinché si possano sviluppare
attività radicate nella cultura locale e consone alle caratteristiche ambientali del territorio
e riconvertendo a questo fine le strutture e le figure occupazionali.

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Bonifiche. Ottenere l’immediata bonifica di tutti i siti inquinati da attività militari e
industriali – pregresse o ancora attive – attraverso l’applicazione del principio “chi inquina
paga” e dei vigenti Accordi di programma stipulati da Stato e Regione. Con circa 445.000
ettari (1/6 della superficie dell’isola) di territorio contaminato dai veleni industriali, già
definiti Siti d’interesse nazionale (S.I.N) a causa della contaminazione delle matrici
ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo), la Sardegna è una delle Regioni più
inquinate d’Italia. Per questo motivo occorre predisporre un Piano di monitoraggio
sanitario e ambientale che affronti in modo specifico i temi della salvaguardia ambientale
e della salute, nonchè istituire un Registro dei Tumori e un Registro delle Malattie Rare
che coprano l’intero territorio sardo: come, infatti, dimostrano numerosi studi (IARC,
S.e.n.t.i.e.r.i e Mutagenesis), in Sardegna è in atto una pandemia silenziosa causata
dagli elevati tassi d’inquinamento ambientale.
Paesaggio e Territorio. “Il Paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale,
sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole
all’attività economica e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato,
può contribuire alla creazione di posti di lavoro”. L’attuale disordine nel quale versa il
territorio, maltrattato e depredato, richiede misure urgenti in materia di contrasto del
dissesto idrogeologico, che si esemplificano in una pianificazione efficiente ed efficace a
scala di bacino idrografico, alla quale consegue un freno al consumo del suolo per fini
edificatori/urbanistici o speculazioni sulle fonti di energia rinnovabile e i combustibili
fossili. Molti strumenti di governo del territorio e del paesaggio, seppur esistenti, sono
spesso disattesi, o manipolati al punto da pregiudicare, su scala regionale, la sicurezza
delle popolazioni, nonché a generare una sempre più vasta compromissione delle matrici
ambientali (acqua, suolo, aria). A tal proposito urge che vengano riposizionate e
perfezionate le tutele rimosse con modifiche improprie al vigente Piano Paesaggistico
Regionale.
Partecipazione. Il rispetto della Convenzione di Aarhus, Convenzione UN/CE sottoscritta
dalla Comunità Europea, Direttiva 2003/35/CE, e delle varie Convenzioni sottoscritte, a
livello europeo e internazionale, sull’accesso alle informazioni e la partecipazione ai
processi decisionali inerenti l’assetto territoriale da parte dei singoli cittadini e delle
comunità coinvolte. Il rispetto delle prerogative e delle competenze degli enti locali,
messe sempre più in discussione dalle tendenze accentratrici dell’esecutivo e dallo
strangolamento finanziario operato attraverso il meccanismo del patto di stabilità.
21 marzo 2014
I Comitati Sardi InRete
Per contatti e informazioni scrivere a [email protected]

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ELENCO DEI COMITATI E DELLE ASSOCIAZIONI
CHE HANNO FINORA SOTTOSCRITTO IL MANIFESTO D’INTENTI
Associazione Progetto Comune – Villacidro
Associazione Rimettiamo Radici – Fluminimaggiore
Centro Pangea – Porto Torres
Collettivo Carraxu
Comitato AcquaBeneComune di Planargia e Montiferro
Comitato Basso Campidano Aria Terra Acqua
Comitato Civico per la Salute – Simaxis
Comitato Gettiamo le Basi
Comitato No al Progetto Eleonora – Arborea
Comitato No al Termodinamico – Cossoine
Comitato No Galsi
Comitato No Megacentrale – Guspini
Comitato No Progetto Cuglieri – Seneghe
Comitato No Trivelle Sardegna
Comitato No TrivelPaby – Pabillonis
Comitato per la Tutela e lo Sviluppo di Torregrande – Oristano
Comitato Sa Nuxedda Free – Vallermosa
Comitato S’Arrieddu per Narbolia
Comitato Terra che ci Appartiene – Gonnosfanadiga
Comitato Terrasana – Decimoputzu



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