A dieci anni dall'uccisione di Marco Biagi il suo ricordo è sempre vivo, specie per chi, come me, gli è stato vicino nel lavoro e negli ideali. In questi anni non tutti i ricordi hanno reso giustizia alla sua opera e alle sue intenzioni. Non gli ha reso giustizia chi ha usato il nome di Marco per avvallorare le proprie idee; ma neppure chi al contrario ha attribuito alle proposte di Biagi i mali della precarietà del lavoro. In realtà il progetto di Marco si ispirava all'idea della cosiddetta “flixicurity” e al metodo della partecipazione, che sono entrambi centrali nel modello sociale europeo.
Giusto per, che qui stiamo a menarcela con l'articolo 18 – l'ultimo dei problemi –, la continuità rispetto alla sua opera è oggi più che mai evidente.
Secondo Biagi l'articolo 18 richiedeva di essere modificato; ma doveva farsi sempre in chiave europea, in particolare secondo il modello tedesco. Inoltre la questione non andava enfatizzata ed ideologizzata come si sta facendo; nel suo libro bianco Marco vi dedica poche righe. Il nostro mercato del lavoro è già abbastanza flessibile nel suo complesso; siamo in media europea come riconosce anche l'Ocse; mentre invece siamo in grave ritardo nelle politiche di sostegno all'occupazione, nell'efficacia e nell'equità delle tutele e dei servizi. Il sistema degli ammortizzatori è in ritardo di 15 anni sull'Europa. Questo costituisce il più grave dualismo del nostro mercato del lavoro ed è un fattore di crescente disagio sociale.