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La incontrai un giorno che pioveva tanto.
Era bagnata fradicia.
La pioggia le colava dai capelli, dall’orlo della veste.
Non mi vide anche se mi puntava gli occhi addosso .
La salutai.
Mi guardò con l’aria di chi non ha capito cosa stai dicendo.
Le offrii il mio ombrello.
Parlava fitto, fitto, quasi come la pioggia.
Disse delle cose che io ora non so se sono proprie queste che riporto:
“Il mondo mi è estraneo. Questa è la verità.
E io sono una straniera.
Pure le parole mi sono estranee perché dicono di cose che non comprendo.
Come se fossero parole straniere, di lingua sconosciuta.
Ho smesso di chiedermi come è potuto succedere.
E’ successo.
Questa è la verità.
Tutto il resto è una favola che mi sono raccontata. Mi sono inventata la mia nascita. La neve che cadeva quel giorno, la signora che bussò alla porta, la Santa che mi diede il nome. La povertà di un litro d’olio che doveva bastare per tutto l’anno. Il treno che si portò mio padre in Germania. Il maiale che urlava mentre veniva scannato, la gallina che veniva sgozzata, e noi bambini che scappavamo, correvamo verso l’alto, nascondendoci dietro il muretto, tappandoci le orecchie, chiudendo gli occhi per non vedere, per non sentire ma che poi scendevamo di corsa per la stessa strada, partecipavamo alla festa dimentichi della morte, del suo urlo, del suo occhio spento. Anche tutto il resto mi sono inventata, la campagna, l’altalena, la scuola, gli amori (?), le amicizie (?), il futuro che ora è presente, il presente che ora è passato e la linea laggiù all’orizzonte.
Non ci sono più contorni cui aggrapparsi, soltanto questa pioggia che cade dappertutto, questa pioggia di sassi appuntiti che lacera la forma che ancora cerca di opporsi, che cerca di resistere, di tenersi unita come un cerchio aggrappato ai suoi raggi.”
Disse queste cose mentre mi camminava affianco e io le chiesi come aveva fatto a sapere che ero nata in un giorno che nevicava tanto. Disse che lei non sapeva niente, che non aveva parlato affatto. Che mi ero inventata tutto.
“Tutto – disse – ti sei inventata tutto, anche la pioggia!”
Questo racconto fa parte di una raccolta di racconti sull’ Alzheimer che trovate qui, qui, qui, qui