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Poco più di un anno fa, al termine di un’udienza del mercoledì, Vittorio Messori propose a Benedetto XVI di concedersi per un Rapporto sulla fede II: “Mi dia tre giorni – disse – ci chiudiamo in clausura come facemmo a Bressanone nel 1984 e il libro è fatto”. “Dottore – gli rispose il Papa – non ho nemmeno tre ore”. Chissà come deve esserci rimasto male, il dottor Messori, quando ha saputo che per Peter Seewald era riuscito a trovarne sei, “dal lunedì al sabato dell’ultima settimana di luglio, per un’ora al giorno” (Luce del mondo, LEV 2010 – pag. 8). “Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – racconta Seewald – Ratzinger mi aveva offerto due volte l’opportunità di intervistarlo nell’arco di più giorni [nel 1996(Joseph Ratzinger: Salz der Erde) e nel 2000 (Gott und die Welt - Glauben und Leben in unserer Zeit)]” (ibidem, pag. 7), proprio come aveva concesso a Messori in precedenza. Perché non rinnovargli più la stima? Sarà perché Rapporto sulla fede sollevò molte polemiche, mentre le altre due interviste poco o niente? Sarà perché Benedetto XVI voleva evitare infortuni espressivi in una lingua assai insidiosa come l’italiano e la cautela gli ha suggerito di preferire un intervistatore tedesco per potersi esprimere con maggiore sicurezza e serenità? Se dobbiamo giudicare dai risultati – la nota polemica sull’uso del preservativo scatenata dalle anticipazioni della prima edizione nelle traduzioni in italiano, inglese e spagnolo (novembre 2010) – preferire Seewald a Messori non è servito a molto, in tal senso.Sarà che “autorizzando la pubblicazione del testo, il Papa non ha modificato la parola pronunciata ma apportato solo piccole correzioni, lì dove ha ritenuto necessarie alcune precisazioni a vantaggio dell’esattezza” (ibidem, pagg. 11-12), fatto sta che per quanto attiene ai contenuti e alla loro valenza sul piano dottrinario sono da tener presenti tre elementi: (1) Benedetto XVI ha chiesto di visionare le bozze solo a due prelati e uno dei due era il cardinal William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; (2) “Assenso religioso della volontà e della intelligenza si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla ex cathedra” (Lumen gentium, 25); (3) “Non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che il Sommo Pontefice enuncia circa la fede e i costumi, esercitando il magistero autentico, anche se non intende proclamarla con atto definitivo” (Codice di Diritto Canonico, 752).Invece, proprio riguardo al punto relativo all’uso del preservativo in alcuni “singoli casi motivati” (ibidem, 171) c’è stato un tempestivo mettere le mani avanti da parte delle più alte gerarchie vaticane: prima, si è precisato che quanto affermato da Benedetto XVI era espresso “in una forma colloquiale e non magisteriale” (Sala Stampa Vaticana, 21.11.2010); poi, dopo ampia limatura del testo, si è detto che nulla contraddiceva la dottrina, tanto meno in relazione al delicato punto del “male minore”, mai moralmente giustificato. Eppure, prima che nella ristampa di dicembre i “singoli casi” diventassero “motivati”, si era usato proprio l’aggettivo “giustificati” (“begründete Einzelfälle” e Begründung è termine non disdegnato dai teologi tedeschi quando si parla di “giustificazione”: lo stesso Joseph Ratzinger l’ha usato in Die sakramentale Begründung christlicher Existenz [1965], dove “motivazione” non darebbe piena accezione ontologica).E dunque cosa possiamo dire alla fine di questo primo post su Licht der Welt? Che si tratta proprio del gran pasticcio che si voleva evitare. Probabilmente – ma chi può dire? – sarebbe stato meglio concedere tre ore a Messori che sei a Seewald. Al prossimo post cercherò di dimostrarlo facendo un raffronto tra le due tipologie di intervistatore.
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