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Commento alla lettera dedicata ai ragazzi che non vanno in moto.

Da Motociclistidatavola
Cari Tavolini, in questi giorni leggo e rileggo la bella lettera di Carlo Portioli dedicata ai ragazzi che non vanno in moto (http://motorlife.it/moto/lettera-ai-ragazzi-che-non-vanno-in-moto/78369/).Trovo ci siano spunti interessanti e mi è venuta un riflessione. Lungi dall'essere competente come quella di Portioli ma comunque può essere un ulteriore spunto.Partirei dal fondo, partirei dall'invito dell'autore a provare l'ebrezza della moto e inizierei con una riflessione. La moto è una conquista, dire ad un giovane prova l'ebrezza della moto per me non porta a nulla. Ma vi ricordate la prima volta che avete dato gas ad una moto o ad uno scooterino? Io sì, avevo 13 anni, ero a Lido Ariano dai miei nonni ed era un Honda SH50 di colore blù. La cosa che ricordo è la paura. Andare in moto non è mica subito aria in faccia, polmoni gonfi e sorriso. All'inizio è paura, è ricerca di un modo di governare il mezzo, sono muscoli contratti, tensione, respiro affannato. Ci sentiamo ripetere sempre che la moto è pericolosa, che si corrono dei rischi, i nostri genitori, prima di lasciarci andare, ci hanno catechizzato sul "fare i bravi con la moto", ovvio che la prima volta che abbiamo ruotato il polso l'abbiamo fatto carichi di ansia. Non è così facile, non è vero che si sale in moto e si sente la libertà, si sale in moto e ci si deve conquistare la libertà. A piccoli passi, con buon senso. Non scordiamolo. Non si sale in moto e si passeggia per le Foreste Casentinesi lanciando urla di gioia manco fossimo Di Caprio a prua del Titanic.E questo non è un dettaglio. Adesso entriamo nel vivo. La moto è libertà, indipendenza e amicizia, come dice Portioli. Ma questi valori, queste cose le dobbiamo far conoscere ed apprezzare ai nostri figli, ai giovani biker del futuro. E' un percorso, come per la guida e ci si deve arrivare. Altrimenti la moto rischia di essere l'emblema del “ma come a me piace, come fa a non piacere a te. Alla tua età io...” che è la partenza di ogni conflitto generazionale. Noi godiamo talmente tanto del piacere della moto che rischiamo di non cogliere che non è così per tutti e che per tanti può essere troppo aspettare di imparare.Commento alla lettera dedicata ai ragazzi che non vanno in moto.I primi ad accettare la cosa siamo noi, noi che guardiamo scuotendo il capo i nostri figli che stanno con la testa piegata sullo smartphone e poi siamo i primi ad andare in paranoia se non vediamo la visualizzazione su wathsapp ad un nostro messaggio. Oltre a parlare di libertà ed indipendenza siamo disposti a dargliela? E, ancora una volta, non parlo di massimi sistemi, parlo di accettare che i nostri figli salgano su un mezzo pericoloso e stiano sconnessi da noi una giornata. Siamo capaci? I nostri genitori l'hanno fatto, erano altri tempi, c'erano pericoli diversi ma ci sono riusciti. A 18 anni potevo girare con lo scooter senza casco, adesso riuscirei ad accettarlo per mia figlia, mio nipote? Oltre a raccontare ai ragazzi quanto è bella la moto e quanto ci sentiamo easy rider quando giriamo, siamo disposti a liascargli lo spazio. Io sono convinto che anche adesso che ho quasi 40 anni mia mamma non sia serenissima quando sono via in moto.Quindi prima di tirar fuori la questione economica, sicuramente importante, è giusto che noi ci mettiamo nel giusto ordine di idee, se vogliamo essere veri promotori. I valori che tanto ci piacciono dell'andare in moto dobbiamo renderli disponibili anche per i ragazzi di oggi, senza se e senza ma. E dobbiamo far capire che si raggiungono, si conquistano, non si prendono.Passiamo oltre, passiamo al problema economico. Le moto costano è vero. Ma tutto costa. E il costo non ha mai realmente limitato nessuna passione. La questione, piuttosto, è: riusciamo a trasmettere la passione per la moto? A quel punto si faranno anche sacrifici e si accetterà di iniziare con vecchi catorci che funzionano poco, magari diventando amici di uno bravo a farli partire e assaporando piccoli bocconi di libertà. Si può iniziare con assicurazioni che durano pochi mesi oppure con l'assicurazione di papà che è sicuramente più conveniente. E' vero, poi c'è il casco, la giacca, gli stivali, tutto costa. Ma il modo si trova, anche a costo di farsi il guardaroba alla LIDL quando le cose vanno in offerta. Non deve essere subito Ducati, Dainese e Arai. Certo, le moto hanno preso una direzione decisa verso la fascia “anziana” della popolazione, si sono trasformate in mezzi costosi e privi di fascino per i giovani. Le moto come oggetto non hanno quasi nulla di moderno: non comunicano, non sono on-line, non sono easy, non sono fast (non nel senso che non vanno veloci ma non sono immediate. Un iPhone lo accendi e lo usi, una moto la devi conquistare). Il mezzo “moto” non parla il linguaggio dei giovani, almeno non della massa. E questo per mille motivi, non solo uno. Quando ero giovane io i 14 anni erano un traguardo importantissimo, volevano dire motorino, indipendenza, andare da casa a scuola per nove mesi e da casa al mare durante l'estate. Lo scooter era quello che ti portava a condensare regali di Natale, compleanno, bei voti in uno solo. E anche allora non erano regalati. Io per i miei 16 anni ricevetti un MBK Booster e non costava poco. Però per me era pieno di significato. Per i ragazzi di oggi forse no, nella migliore delle ipotesi è un mezzo per spostarsi.Quindi secondo me i problemi si possono riassumere in questo: capire che la moto e quello che rappresenta è una conquista che richiede tempo e che non si smette mai di inseguire; capire che la moto sottende dei valori che dobbiamo realmente essere pronti a condividere coi nostri ragazzi; cercare la chiave che renda ancora affascinante uno scooter, una motoretta, un ciclomotore.Poi è vero, lo scooter, la moto costano. Costa comprarli e costa mantenerli. Ma questo è un alibi, ci sono tanti mezzi usati con cui iniziare senza per forza farsi spaventare da un GS da 20k euro.
Quindi spetta a noi, ricordiamoci com'è stato iniziare ad andare in moto, pensiamo che quella attuale è, invece, un'epoca in cui gli “oggetti” si adattano a noi, sono fruibili da subito e in questo la moto è anacronistica, anche se ha mille diavolerie elettroniche che ci assistono ad andare in moto devi imparare, non basta accenderla e fare quello che ti dice. La moto è come la bicicletta, non puoi salirci sopra ed aspettare che lei ti faccia stare dritto anche se non pedali veloce. Devi imparare e ci vuole tempo.Poi però, lasciatemelo dire, ti ripaga di ogni sforzo, di ogni paura iniziale, di ogni volta che sei stato in apnea, di ogni volta che ti ha fatto male il collo perchè eri troppo contratto. Ti ripaga con gli interessi, abbondanti interessi.
Quindi, se anche io dovessi rivolgere un appello ai giovani di oggi per invitarli a salire in moto gli direi questo: sali in moto, accetta una sfida, quella di imparare a guidarla, si sentirti pilota e non passeggero. Prenditi tempo, goditi ogni piccola conquista, alla fine, tutte sommate, daranno libertà e indipendenza e non potrai più farne a meno.

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