Scena tratta dal film "Quel mostro di suocera"
La suocera si "piazza" nella casa abitata dalla ex nuora con la scusa di dover curare il figlio - che si è trasferito in un altro luogo -: se la nuora la "caccia" e non va via, è colpevole del reato di violazione di domicilioQuante battute e gags si sono sempre susseguite in merito ai rapporti - spesso conflittuali - tra suocera e nuora!!
Ebbene, anche la Corte di Cassazione - trovatasi ad esaminare un caso si rapporti tra suocera e nuora - ha detto la sua in materia.
La fattispecie oggetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 47500 del 6 dicembre 2012 è la seguente: Tizia - suocera di Caia - si trasferisce nell'abitazione familiare nella quale vive quest'ultima con la scusa di dover curare il figlio Mevio (che nel frattempo, a seguito di separazione di fatto con Caia, si è trasferito in altra casa).
Caia dice a Tizia di andare via dalla casa, ma quest'ultima si rifiuta di farlo.
Caia, allora, cita in giudizio Tizia per il reato di violazione di domicilio, disciplinato dall'art. 614 c.p. - il cui 2^ comma prevede che " Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno" -.
In primo grado la suocera - arzilla 90enne - viene condannata a sei mesi di reclusione, ridotti a quattro mesi con il giudizio di appello.
Il caso "approda" davanti alla Corte di Cassazione.
I Giudici con l'ermellino osservano che, allorquando una coppia si è separata, la suocera non ha più il diritto di abitare nella casa nella quale è rimasta a vivere soltanto la ex nuora.
In particolare, nella sentenza in commento si legge che " nel caso in cui, all'esito di una separazione di fatto, uno dei coniugi abbia abbandonato l'abitazione familiare, trasferendosi a vivere altrove, l'unico titolare del diritto di esclusione dei terzi va individuato nel coniuge rimasto nell'abitazione familiare, con conseguente configurabilità del delitto di violazione di domicilio nei confronti di chi vi si introduce o vi si intrattiene contro la volontà espressa o tacita di quest'ultimo ovvero clandestinamente o con l'inganno, ivi compreso il coniuge trasferitosi a vivere altrove ".
Questo significa che Caia, nel caso di specie, è titolare del diritto di impedire a Tizia di continuare ad abitare nell'abitazione familiare; se quest'ultima non ottempera all'invito ad andarsene dalla casa, è responsabile in base al reato di violazione di domicilio.
Per i motivi sopra descritti, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la pena comminata dal Giudice di merito, ritenendo opportuno, tuttavia, procedersi alla sospensione condizionale della pena.
Roma, 9 dicembre 2012
Avv. Daniela Conte
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