Commissario Avramopoulos: il Mediterraneo non è un cimitero, l’Europa deve ripensare la sua politica di immigrazione!
Dall’inizio del 2014, almeno 3.000 persone sono morte nel Mare Mediterraneo, e questo numero è calcolato contando i corpi ritrovati. E sono già quattro volte in più rispetto al 2013, sei volte più che nel 2012,e due volte più che nel 2011 -. L’anno delle “primavere arabe”.
Così, dal 1988, più di 21.000 persone sono scomparse. Le persone che fanno la traversata a rischio della loro vita sono sovente dei rifugiati richiedenti asilo che fuggono dalle persecuzioni nel loro paese, ed i primi paesi di transito sono la Grecia, la Spagna e l’Italia. In questi ultimi anni, l’Europa ha essenzialmente demandato le politiche migratorie europee ai paesi a sud del Mediterraneo, senza darsi la pena di lottare contro la tratta degli esseri umani alla fonte.
Di fronte alla trasformazione del Mar Mediterraneo in un cimitero marino l’UE deve rivedere urgentemente la sua politica migratoria per mettere fine a queste tragedie che non lascia più nessuno indifferente. È da un anno che, a seguito dei naufragi di ottobre 2013 al largo dell’isola di Lampedusa, l’Italia ha istituito “Mare Nostrum” operazione militare temporanea per porre fine alla carneficina,o almeno per mettere un laccio emostatico a quest’emorragia. In parallelo, l’agenzia europea Frontex pattuglia nelle stesse acque che corrispondono al suo mandato di controllore delle frontiere: monitorando, rilevando e intercettando le imbarcazoni indesiderate. Frontex interviene poco o niente nell’ambito dei salvataggi delegando gli interventi ai servizi nazionali di soccorso. Sono nate anche delle iniziative private per compensare la mancanza di una risposta adeguata da parte delle nazioni, come ad esempio la “Migrant Offshore Aid Station” finanziato da dei filantropi.
Dietro queste tragedie si cela l’attuazione delle attuali politiche migratorie europee che rendono pericoloso l’accesso al territorio europeo e favoriscono lo sviluppo di organizzazioni criminali che traggono profitto dalla difficile situazione delle persone che migrano.
Criminali che in qualche caso si appropriano dei centri di detenzione per approfittare dei generosi sussidi offerti dall’Unione europea riferendo un maggior numero di rifugiati. Altri approfittano di questa manodopera schiava, visto che i diritti fondamentali non sono garantiti dagli Stati membri, facendola lavorare in condizioni spaventose per salari miserevoli. Detenuti in condizioni che mirano a far loro passare il desiderio di tornare, i migranti crollano e le rivolte sono più numerosi ogni giorno. Dopo aver esaurito ogni possibile uso sicuro della lotta contro l’immigrazione clandestina e aver permesso l’arricchimento della criminalità organizzata, l’Europa deve risolvere l’inevitabile: rivedere la sua politica migratoria, ponendo fine a questa tragedia umana: perchè più mettiamo barriere all’immigrazione legale e più spingiamo queti disperati a correre rischi mortali, che nessuno di noi può sostenere.”
Alla luce di quanto precede, in conferenza stampa, avremo la presenza di un semplice cittadino europeo che ha assistito ai massicci sbarchi di migranti a Lampedusa nel 2011 e ha trascorso un anno su questa isola in qualità di osservatore.
Questo viaggio lo ha portato a fondare il movimento cittadino “Kayak per il diritto alla vita” ed eseguire un odissea di 3 anni su un kayak da mare (rischiando la vita) dalla Tunisia a Bruxelles toccando le isole di Lampedusa e di Malta. Più di 3.700 km durante i quali non ha mai smesso di arricchire la propria indagine e di sensibilizzare la politica, le associazioni e i cittadini alla reale situazione dell’immigrazione in Europa. Nel corso del suo viaggio, ha portato il seguente messaggio: < Per salvare la vita dei migranti e perchè l’immigrazione sia utile anche a noi, abbiamo bisogno di un cambiamento nelle leggi relative all’immigrazione del nostro continente .Abbiamo anche bisogno di riprendere il controllo dei fondi pubblici assegnati ad esso.> Per far ciò, egli è giunto alla conclusione che l’Europa abbia bisogno di una Organizzazione per la Gestione dell’Immigrazione e delle Domande di Asilo (OGIDA). Questa dovrebbe prendersi carico della gestione dei flussi migratori in tutta Europa e dei centri di detenzione, consentendo una migliore tutela dei diritti umani. I miliardi di euro così recuperati (non deviati e non sprecati) potrebbero essere reinvestiti in programmi di cui beneficino i paesi da cui provengono gli immigrati.
Partecipanti: -
Michèle Rivasi (FR), eurodeputato Verdi-ALE, Vice-Presidente dell’Assemblea parlamentare paritaria ACP-UE -
Alexandre Georges, cittadino europeo e fondatore del movimento “Kayak per il diritto alla vita” -
Cécile Kyenge (IT), eurodeputata socialista, ex-ministro per l’Integrazione, membro della Commission LIBE -
Laura Ferrara (IT), eurodeputata EFDD (Movimento 5 stelle), membro della Commissione LIBE e DROI -
Marie-Christine Vergiat (FR), eurodeputata GUE, membro della Commissione AFET, LIBE e DROI-
Cécile Vanderstappen, rete Migreurop.
(LIBE = Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni UE
DROI = Sottocommissione per i diritti dell’uomo UE)