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L’edificio pubblico ospita la Scuola Elementare, la Palestra, il Consiglio di Frazione, la Casa di Riposo, la Sede della squadra maschile di Calcio e di quella femminile di Pallavolo, l’Ambulatorio Medico. Bambini, ragazzi, adulti, vecchi, malati, tutti frequentano il grande palazzo nel centro del Paese. Ma nell’edificio vi è una stanza da anni chiusa che è diventata il regno polveroso del ragno e il grande sepolcro dei Tamburi e dei Piatti, della Cassa e della Grancassa, delle Trombe e dei Tromboni, degli Oboi e dei Saxofoni, dei Fagotti e dei Controfagotti, dei flauti e dei Clarinetti, di un guardaroba pieno di divise di colore bianco e rosso con i cordoni di azzurro scuro. Nella Banda - composta da studenti, da pescatori, da operai, da contadini, dal bottegaio, dal dottore, dal farmacista - tutti erano uguali, ognuno a modo suo artista, musico universale. (Ricordo da un racconto di Tirella).
INNO ALLA NOTTE
Suono lontano che m’avvicina
in fitti bisbigli accresciuto d’erbe:
irrompe estraneo deserto,
presagio d’alberi e morti
canuti al fioco cielo.
Ascolto irreale:
senso enorme in cui mi spando.
Il mare m’impronta di roccia,
mi svolge ruscello della sua neve.
Tremo laminato di rigido fondale.
Dio, sgomento inesauribile,
midollo argenteo in cui mi lego
scrosciato in coraggio alla vita.
-Alfonso Gatto-
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