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Composizione ed esecuzione di un brano: osservare il silenzio

Creato il 03 gennaio 2011 da Stefanorussoweb

Stravinskij sostiene che l’esecutore di un brano abbia il dovere di trasmettere all’uditorio nient’altro che la volontà del compositore. Ha cioè l’onere di veicolare un messaggio e, per tale ragione, ogni alterazione della volontà originaria è un errore. La posizione del compositore russo è, nella sua rigorosità, una comprensibile reazione agli eccessi di pathos e sentimentalismo che caratterizzavano le esecuzioni di fine ‘800.
In effetti Romanticismo e Decadentismo avevano creato l’immagine, giunta fino a noi, del musicista-genio animato da passioni forti e distruttive che in ogni esecuzione si agita, soffre e suda come se così esternasse il suo travaglio interiore.
Tutto ciò aveva indubbiamente finito col mettere in secondo piano “l’artigianalità e la manualità” del far musica.

La componente del linguaggio musicale maggiormente soggetta a queste “manomissioni” è di certo la pausa ovvero quel silenzio voluto dall’autore per trasmettere all’ascoltatore sensazioni di riposo, attesa e sospensione. A dimostrazione di ciò il musicologo Enrico Careri ha preso in esame diverse registrazioni della sonata per pianoforte in La maggiore D 959 di Schubert notando come la durata delle pause presenti nel movimento finale cambi sensibilmente da un interprete all’altro.
L’esempio è eloquente ma non è sufficiente spiegare tali differenze motivandole con una scarsa attenzione data alla partitura. Le motivazioni profonde vanno piuttosto individuate nella teatralità del gesto esecutivo: confermando e contemporaneamente smentendo la tesi di Stravinskij bisogna notare come chi suona per trasmettere la musica dell’autore a un pubblico (non suonando solo per sé) deve necessariamente immedesimarsi in esso facendo aderire al “sentire” dell’uditorio il senso del brano, cercando di non travisare la volontà di chi l’ha creato.

Riferimenti bibliografici

  • Igor Stravinskij, Poetique musicale, Plon, Parigi 1942
  • Enrico Careri, Sull’interpretazione musicale del silenzio in “Et facciam dolci canti”. Studi in onore di Agostino Ziino, LIM, Lucca 2003

Riferimenti discografici

  • Franz Schubert, Sonate per pianoforte D784, D840, D894, D959, D960, A. Brendel (pianoforte), Philips 2005
  • Franz Schubert, Sonate per pianoforte D958, D959, D960, M. Pollini (pianoforte), Deutsche Grammophon 2003
  • Franz Schubert, Sonate per pianoforte D958, D959, D960, M. Perahia (pianoforte), Columbia 2003
  • Franz Schubert, Sonate per pianoforte D840, D959, J. Jandò (pianoforte), Naxos 2002

da “Il Pendolo” del 9 Febbraio 2009



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