Giro per la rete e mi imbatto sempre nella solita immagine:
Si lo so che ho detto Elton Cop, sto scherzando, ma avrete capito di chi parlo, quello che a sua volta in alcune storie ricordava Neil Gaiman, massì dai quello che si chiama come quei pazienti privi di documenti e di identità negli ospedali americani. Quello lì dai, John Doe.
Giro in rete e si parla solo di quello: del rilancio di Dylan Dog, di Bloch che muore, oppure va in pensione, o entrambe le cose, o -pericolosamente più probabile- nessuna delle due. Oppure di questo Ghost, John Ghost, che ha fatto la sua entratanel mondo del fumetto italiano, da Lucca con un albo speciale, venduto (o regalato?) all'ultima fiera del fumetto, conclusasi qualche settimana fa, di cui si dice tutto e nulla, ma da quel che ho capito sembra sia o un bisessuale, o uno che gli piacciono le ammucchiate, insomma, proprio non saprei dirvi, so che mi fa stranissimo sentire di termini come Variant cover, per un fumetto Bonelli. So che questa tanto annunciata rivoluzione in casa Bonelli, finora, non si è vista, più che altro si è visto un adeguamento della stessa, ad un marketing aggressivo, che basa le proiezioni di vendita, più sull' hype, che sulla qualità stessa delle storie.
Confesso di avere ripreso questo pezzo solo oggi, ed ero quasi tentato di cancellare, l'introduzione ipercritica, ma vedo che l'andazzo italiano non cambia, i riflettori del mondo de fumetto nostrano, sembrano tutti convogliati, verso ogni singola iniziativa, bonellide-recchioniana - sembra che saremo destinati ad un inverno scandito mensilmente dal martellante commento delle copertine e delle storie di Dylan Dog, o dal ridondante eco dei roboanti annunci di Orfani che diventerà ora una serie TV o ora un cartone animato, o che so io.Ora io posso farmi venire l'hype per molte cose, Dylan Dog, non rientra tra queste. Perciò se siete finiti qui nella speranza di leggere l'ennesima recensione sull'ultimo Dylan Dog, in cui Bloch, (NON)muore, mi spiace ma resterete delusi, mentre blogger e tuber spostano l'attenzione sulla gestione di Roberto Recchioni dell'indagatore dell'incubo, qui da me oggi si caldeggia - anche se in ritardo - la lettura di qualcosa di decisamente più appetibile et interessante.The Invisibles di Grant Morrison.
Tom il Pazzo
controllori del genere umano in pratica da sempre. E' divisa in molte cellule, autonome tra loro, al punto che non si conoscono tra loro, una sublimazione del genere spionostico, condita da elementi surreali, che durante la lettura, per chi ci è stato, fa venir voglia di tornare a Camden di corsa.La storia si concentra su una particolare cellula quella di King Mob, della quale facciamo la conoscenza proprio nel momento in cui arricchisce le sue fila, con l'arruolamento coatto del giovane teppista Jack Frost.Come in Doom Patrol, il punto forte dell'appetibilità della serie risiede nella cura della caratterizazzione dei personaggi, e nello studio della forma della sceneggiatura, ritroviamo qui alcuni concetti cari a Morrison, riconducibili a varie teorie del complotto letterario, già viste nell'indimenticabile Doom Patrol.Qualcuno di voi ricorda i sotterranei della CIA, nel fortunato rilancio Vertigo della Pattuglia del Destino? Morrison ha sempre adorato questi plot narrativi, l'idea complottistica che governi e grosse organizzazioni militari custodissero segreti o ordissero piani di controllo delle masse, - avvisatemi se sto facendo imbarazzantissimi errori sull'uso dei maledetti verbi - ed in Invisibles, tutto questo vi investe fin dalle prime pagine. Come in Doom Patrol, anche in The Invisibles, i personaggi contribuiscono a rendere la storia una piccola perla: King Mob è un cinico paranoico con poteri psichici, la misteriosa Ragged Robin ed il travestito Lord Fanny, sembrano essere custodi di un tipo di potere di origine magico, poi ci sono Harlem Boy, una donna di colore ed il nuovo arrivo, il giovane Jack Frost, e ovviamente Tom il Pazzo, il mentore che nel primo volume svelerà al giovane Jack il vero volto della realtà, e la vera missione degli Invisibles, renderla visibile al resto del genere umano. effettivamente Matrix deve molto a questa lisergica serie.E' stato un piacere ritrovare Steve Yeowell alle matite, è dai tempi di Sebastian-O, che non mi imbattevo nelle sue tavole, così anatomicamente fedeli al realismo, eppure così lisergiche allo stesso tempo, come in Sebastian-O, la carrellata di cattivi, nei quali ci imbattiamo in questo primo tomo, è resa particolarmente inquietante dalla matita di questo disegnatore.