La più recente “deviazione” criminale dei “compro oro” si intreccia con l’usura, altra piaga che si nutre di recessione. Nel 2011 un proprietario di compro oro a Roma acquistava gioielli d’ oro, argento e orologi dai nomadi dei campi rom per poi rivenderli.
E’ stato arrestato per ricettazione, in cassaforte aveva 20 chili d’ oro e10 d’ argento, per un valore di 800 mila euro. Tra gli oggetti sequestrati anche gioielli che riceveva in pegno da persone in difficoltà economica e che rivendeva loro con un incremento del 20 % del prezzo.
Risulta anche che il soggetto in questione stipulasse delle polizze al portatore, senza avere nessun titolo per farlo.
Insomma, il compro oro che si sostituisce al banco dei pegni e, dati alla mano, ne causa la crisi degli affari.
E’ ancora una volta l’esigenza di avere denaro liquido in tempi brevissimi e senza troppe domande che spinge chi ha debiti a rivolgersi ai compro oro abusivi.
Una funzione, quella tipica dei monti di pietà, vietata per legge ai privati.
Chiunque svolge l’attività di cui all’articolo 1, comma 3, senza averne dato comunicazione all’Ufficio italiano dei cambi, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Alla stessa pena soggiace chiunque svolga l’attività prevista dall’articolo 2, comma 1, senza esservi legittimato.
NORMATIVA DEI BANCO ORO
· Le violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 1, comma 2, sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 40 per cento del valore negoziato. Per l’accertamento delle violazioni previste dal presente comma e per l’irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e successive modificazioni.
E’ bene ricordare infatti che l’evasione fiscale é disciplinata dal decreto legislativo 74 del 2000 (in materia di imposte sui redditi e di IVA) pertanto chi supera nella sua complessità i 50.000 euro il provvedimento si trasforma in reato (da sei mesi, a due anni di reclusione) e che la sanzione pecuniaria verrà calcolata per il 200% dell’evaso, oltre le altre sanzioni amministrative. Pertanto se una azienda negli ultimi 5 anni di attività, ha effettuato un fatturato di 1.000 euro, l’evasione di IVA sarà di 200 euro, quindi la sanzione sarà di 400 euro, oltre le altre sanzioni amministrative, pertanto oltre il 40% del fatturato).
Per chiarire ulteriormente la differenza concreta che intercorre tra l’oreficeria usata ed il “materiale d’oro” come i rottami, e la conseguente diversità nell’applicazione dell’IVA e pertanto a suffragio di quanto esposto, la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 375/E del 28/11/2002 ha affrontato la possibile applicazione del disposto del comma 5° dell’art. 17 nel settore commerciale dell’acquisto di oro usato. La Risoluzione riportò quanto affermato dall’Ufficio Italiano Cambi e cioè che “rientrano nella nozione di materiale d’oro tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un “semilavorato” è costituita dall’essere un prodotto privo di uno specifico uso e funzione, e cioè dall’impossibilità di utilizzare il materiale o la lega d’oro, essendo necessaria una ulteriore stadio di lavorazione o trasformazione che ne consenta l’utilizzo da parte del consumatore finale”.
Quindi dimostrare che si opera esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi, senza commercializzazione di gioielli, ed infine beneficiare come contemplato nella succitata risoluzione, di quanto segue: “l’imposta sugli acquisti di rottami di gioielli d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall’art. 17, comma 5°, del DPR n. 633 del 1972.”.
Fatta questa premessa è giusto precisare che:
· I normali “compro oro” non sono autorizzati U.I.C.
· I normali “compro oro” inconsapevolmente (o forse attenendosi a quanto riferito da altri) confondono il commercio dei metalli preziosi (che ricade nella legge 7/2000 e per i quali servono autorizzazioni dell’U.I.C.) con quello degli oggetti preziosi.
· Il “compro oro”, quale soggetto giuridicamente autonomo, se non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, non è autorizzato a trattare oro fino, ad uso industriale o semilavorato, anche se il proponente o l’acquirente sono autorizzati, in quanto la trasmissione delle conoscenze, dell’eventuale assistenza e consulenza, non può comportare anche l’eventuale trasmissione dell’autorizzazione richiesta/dovuta ai sensi dell’art. 1 Legge 7/2000 (e quindi trasmissione dei requisiti di cui all’art. 1 comma 3) in capo al compro oro.
· Il “compro oro” vendendo “materiale d’oro e/o rottami d’oro” altera la natura dei beni acquistati all’origine;
· Il “compro oro” cede materiale d’oro quali “materiale d’oro e/o rottami d’oro” alle fonderie o altre aziende specializzate nel recupero di materiale preziosi, nonostante privi dei requisiti imposti dall’articolo 1 comma 3 legge 7/2000;
· Il “compro oro” viola l’obbligo di dichiarazione alla Banca d’Italia delle operazioni aventi per natura il commercio di oro, imposto dall’art.1 comma 2 legge 7/2000.
· Il “compro oro”, investito “in toto” delle responsabilità amministrative e penali derivanti dall’alterazione della natura dei beni al fine di evadere l’IVA, è quindi spinto a descrivere gli oggetti come “rottami”, ed apporre la famosa dicitura “non imponibile IVA ai sensi dell’art. 17 comma 5 DPR 633/77”, consentendo all’intermediario di acquistare senza versare un centesimo di IVA al proprio cedente, grazie all’originaria e mendace descrizione dei beni effettuata dal “compro oro”.
Tags: agenzia delle entrate, Auto, crisi