23esima puntata di “In Media Stat Virus: I Media nell’Era di Twitter” dedicata a comunicazione d’impresa e brand journalism.
Proviamo a fornire una definizione di brand journalism prendendo in prestito le parole del Chief Marketing Officer di Mc Donald:
Il brand journalism è la cronaca delle varie cose che accadono al mondo di un marchio, attraverso i giorni e attraverso gli anni. È così che creiamo un valore reale percepito per sempre dal consumatore
Il passaggio da brand a media e del brand journalism fa diventare i brand editori di se stessi, generando contenuti esclusivi e adattando il loro storytelling all’interattività della rete e dei social media, cambia il modo di comunicare, di relazionarsi con le persone, tra impresa e pubblico. Modalità adottata ormai da molte imprese, sia a livello internazionale che nel nostro Paese, che si inserisce in una più ampia strategia di content marketing.
Percorso egregiamente descritto da David Armano che sintetizza graficamente l’evoluzione e le caratteristiche di come i marchi aziendali divengano sempre più dei media adattando la loro comunicazione al mutamento di scenario attraverso quella che definisce the social creative newsroom.
Nel nuovo, sempre in mutamento, ecosistema dell’informazione si rompono i vecchi equilibri: i giornali hanno meno bisogno delle agenzie stampa di un tempo grazie a social media e citizen journalism; mentre dall’altro lato, le agenzie immaginano in un futuro prossimo di entrare in concorrenza con i loro clienti. Al tempo stesso le imprese, spesso clienti di entrambi, abbracciano sempre più l’idea di diventare loro stessi editori, produttori di contenuti dando vita a quello che viene raccolto nella definizione di brand journalism, come è il caso, ad esempio, dell’iniziativa di P&G partita proprio dall’Italia.
Ovviamente, com’è naturale che sia, è l’esecuzione che fa la differenza nel successo come strumento di comunicazione d’impresa ed è importante seguire i criteri di base con un approccio bilanciato che non sia eccessivamente promozionale. Cosa che ad alcuni riesce bene e ad altri decisamente meno bene.
Se ogni impresa è un media i media devono [finalmente?] diventare impresa, al di là delle peculiarità legate al “prodotto” informazione, diversificando le fonti di ricavo abbandonando il binomio vendite-pubblicità che appare chiaramente sempre meno sostenibile.
Nel podcast sottostante, come d’abitudine, è possibile riascoltare e, volendo, scaricare l’intera puntata.
Si ricorda che “In Media Stat Virus: I Media nell’era di Twitter” continuerà la programmazione sino a giugno e sono assolutamente graditi suggerimenti sui temi da affrontare da qui ad allora. Sul terrazzo di Radio Fujiko abbiamo allestito appositamente una piccionaia allo scopo. In alternativa è possibile interagire, anche, via Twitter utilizzando l’hashtag #imsv14 e/o menzionando i due account @pedroelrey / @radiofujiko.
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