“La Germania non è il Paese dei balocchi: è un posto dove un 28enne viene trattato come tale, non come un ragazzino. In Italia le persone che ci ricordano che alla nostra età papà e mamma avevano una famiglia, sono le stesse che non ci mettono in condizione di averne una, e che si stupiscono al pensiero che a 28 anni si possa avere un reale ruolo di responsabilità“: è netta e tagliente la denuncia di Matteo Bovio, 28 anni, Public Relations and Communications Manager per la multinazionale Zalando a Berlino.
Matteo ha sperimentato in prima persona e sulla propria pelle i concetti di meritocrazia e responsabilizzazione: lui che, laureato con 110/110 in Discipline Semiotiche, un Erasmus in Danimarca alle spalle, prova prima a sfondare nell’irraggiungibile mondo del giornalismo italiano, poi in quello della comunicazione. Se il primo si rivela impraticabile, a meno di non lavorare gratis, il secondo offre opportunità estremamente ridotte: oltre cento curricula inviati, due colloqui fatti e un contratto, che fin da subito si rivela atipico e precario, fatto di co.co.pro. e prolungamenti a tempo determinato. Altro discorso sono le mansioni e l’esperienza fatta sul campo, che registrano note fortunatamente più positive.
Esiste tuttavia un problema, tutto italiano, che Matteo non riesce più a tollerare, dopo un biennio di lavoro nel Belpaese: la visione gerarchica del lavoro. “Ho riscontrato un distacco incolmabile tra i giovani e l’approdo a determinate posizioni, con una logica davvero priva di senso. L’avanzamento contrattuale e di ruolo viene vincolato all’esperienza maturata, con piccoli step automatici che ricordano la carriera militare, piuttosto che una realtà aziendale meritocratica“.
E’ a questo punto che arriva la svolta: la multinazionale Zalando recluta team di giovani a Berlino, con l’obiettivo di costituire nuclei nazionali per il suo business in Europa. Matteo coglie l’occasione al volo e parte. “Finalmente avevo una prospettiva“, confessa a “Giovani Talenti”. Molti chilometri più a nord, scopre “team di lavoro giovani e internazionali, composti da persone competenti e responsabili, che lavorano con professionalità e dinamismo“. Lui, che a 28 anni, si rende conto di essere uno dei più “vecchi” del gruppo…
Soprattutto, scopre che la gerarchizzazione “all’italiana” del luogo di lavoro, basata quasi interamente sull’anzianità, è un concetto arcaico, superato e fondamentalmente inutile: “non siamo un gruppo di dilettanti allo sbaraglio. Siamo un gruppo di giovani che responsabilmente gestisce delle risorse, e che quotidianamente si assume la responsabilità della sua gestione“. Ci vorrà tanto, a comprenderlo anche in Italia?
Ospite della trasmissione è Diego Masi, a capo di “Go Green Digital”, nonché presidente di Assocomunicazione. Con lui affrontiamo i problemi elencati da Matteo, concentrandoci in particolare sulle differenze tra Italia ed estero.
Nell rubrica “Spazio Emigranti” prosegue la nostra inchiesta sulle nuove città dell’emigrazione italiana, in collaborazione con il Ministero degli Esteri. Ci trasferiamo a Toronto, Canada, vecchia e nuova méta di espatrio per i nostri connazionali. Il Console Generale Gianni Bardini ci porta a conoscere la comunità di emigranti italiana.