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Comunicazione politica e giornalismo

Creato il 15 settembre 2015 da Redazione Firstmaster Magazine @FirstMasterFad
Comunicazione politica e giornalismo"Occuparsi del linguaggio pubblico e della sua qualità non è un lusso da intellettuali o un esercizio da accademici. È un dovere dell'etica civile".

E' di Gianrico Carofiglio l'ultimo libro che si occupa di comunicazione politica (Laterza ed.), che parte dalle parole del filosofo John Searle, teorico del rapporto fra linguaggio e realtà istituzionali: "occuparsi del linguaggio pubblico e della sua qualità non è un lusso da intellettuali o una questione accademica. È un dovere cruciale dell'etica civile. Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza".
Le società vengono costruite e si reggono essenzialmente su una premessa linguistica: sul fatto cioè che dire qualcosa comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari. Non osservare questo impegno mette in pericolo il primario contratto sociale di una comunità, cioè la fiducia in un linguaggio condiviso.
L'antidoto è la scrittura civile, cioè quella limpida e democratica, rispettosa delle parole e delle idee. Scrivere bene, in ogni campo, ha un'attinenza diretta con la qualità del ragionamento e del pensiero. Implica chiarezza di idee da parte di chi scrive e produce in chi legge una percezione di onestà.

Ex magistrato e senatore, quindi politico, Carofiglio è stato intervistato per l'occasione da Silvia Truzzi. Ecco alcuni passi dell'intervista di domenica scorsa (FQ, 13/9/15).

Perché ha deciso di fare questo libro?
Per due ragioni, una personale, l'altra civile. La prima nasce dal fastidio, dall'irritazione - qualche volta perfino dal disgusto - per il modo in cui è trattata la lingua dalla comunicazione politica. E quindi per come sono trattati i cittadini: è evidente che la confusione deliberata, l'imprecisione deliberata, l'oscurità deliberata da parte di chi riveste cariche pubbliche - che sia politico o magistrato - non è che un modo per esercitare il proprio potere. Un modo per mantenere i cittadini in una condizione di sudditanza.
L'altra ragione è l'idea che occuparsi di come parla il potere non è solo affascinante o divertente. Ha a che vedere con l'etica civile perché, in questo campo più che in altri, non c'è separazione fra contenente e contenuto. Forma e sostanza coincidono.

Se il discorso pubblico fosse depurato dalle storture che lei elenca, il rapporto tra cittadini e potere cambierebbe?
In meglio. E migliorerebbe la qualità della politica sia dal punto di vista etico che dal punto di vista della capacità di bilanciare gli interessi contrapposti e dunque di risolvere i problemi.

Il ruolo dei giornalisti

Quello che Truzzi e Carofiglio non toccano nell'intervista è il ruolo dei giornalisti, nel ruolo di mediatori della comunicazione: se i politici barano nella comunicazione, con "confusione deliberata, l'imprecisione deliberata, l'oscurità deliberata", non dovrebbero essere i giornalisti a svelarne i trucchi? Naturalmente sì, ma poi chi lo paga lo stipendio?
Non spetterebbe ai professionisti dell'informazione fare chiarezza, invece di fare da portavoce o da megafono? Naturalmente sì, ma sarebbe un altro mondo.

Filippo Ciano & FM
Link Laterza - ebook (9.90).

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