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Con gli occhi del nemico – note di lettura di Narda Fattori

Creato il 28 agosto 2011 da Viadellebelledonne

Con gli occhi del nemico – note di lettura di Narda Fattori

David Grossman, Con gli occhi del nemico, Oscar Mondadori 

Scrittore israelita molto noto, Grossman non ha mai disertato di affrontare i problemi della pace e della guerra nel concreto della sua terra che trascina una belligeranza ultra quarantennale con lo stato franto della Palestina. Vivere in un permanente stato di guerra o di allerta bellica trasforma i comportamenti delle persone, ne modifica le percezioni, crea traumi irreparabili, muta la fisionomia del pensiero.

A questa situazione che continua a perpetuarsi, anche se non in guerra dichiarata ma in singoli episodi di guerriglia, non si riesce a metter fine: fra due stati diseguali per ricchezza e potenza si pratica una legge punitiva: chi ha colpito per dieci sarà colpito per quindici, sì che ogni tentativo di accordo svanisce nel fumo delle granate che coprono il sangue dei morti e dei feriti.

Il sottotitolo di questo saggio è “ Raccontare la pace in un paese in guerra”. In realtà il libro è costituito da una serie di interventi pubblici dello scrittore, ognuno dei quali esamina il problema della pacificazione offrendo sempre nuovi spunti di riflessione ma tenendosi coerente alla sua.

Uno scrittore non può che scrivere e mettere a disposizione di tutti le conclusioni a cui è giunto e la sua capacità di abbracciare il nemico senza  farsene prigioniero.  Uno scrittore come Grossman tiene accesa la fiaccola della speranza, dimostra che “il nemico” non è un ente astratto ma è una persona con gli stessi identici bisogni di pace, che ha famiglia, che ama e che soffre, si ammala, muore.

E tuttavia lo scrittore è consapevole di parlare al deserto: ormai il fatalismo e il disfattismo hanno reso gli israeliani incapaci di pensare un modo di vivere diverso che non tenersi sempre preparati ad un’aggressione o a aggredire per primi per prevenirla. Israele è un paese intossicato da troppa guerra, e da troppa storia, troppo dolore, troppe tragedie, troppa memoria.

Partendo da situazioni concrete, Grossman si apre ad un possibile sogno: da un a parte uno stato sovrano, sicuro nei suoi confini, padrone dei suoi panorami, fautore della non violenza, pacificato con lo stato della Palestina, a cui sono stati restituiti i territori conquistati in guerra, perché, afferma lo scrittore, gli ebrei non conoscono bene il significato della parola confine ( erranti , i confini sono stati loro imposti nella storia e dunque faticano a comprendere dove finisce la loro casa e comincia quella dell’altro) e dall’altra l’immagine, forse un po’ letteraria, comunque fondata, dell’ebreo colto, ironico, curioso e attento, fautore di cosmopolitismi, aperto a tutte le avventure della mente.

 Ci soccorrono i nomi da Freud a Marx fino a Rita Levi di Montalcini e a Moni Ovadia. L’elenco delle brillanti menti che sono state e sono ebree, credenti e no, è sterminato e ha contribuito al progresso umano in tutti i campi.

Tutto questo patrimonio di intelligenza s’è come granitificato in una situazione di insicurezza continua che costituisce l’ossatura delle vita di qualsiasi persona in Israele.

Ogni sviluppo è secondario alla difesa . Si è creato un vuoto di futuro per i giovani, pronti sempre a partire per una nuova missione di guerra. E quando la situazione di pace si fa durevole non se ne approfitta per cementarla, per sostenere il dialogo con il nemico, anzi si pensa che , passato tanto tempo, sarà prossimo un altro attentato.

Grossman non distribuisce meriti o colpe; egli parla all’interno di uno stato a cui appartiene ma che vorrebbe più piccolo territorialmente ma sicuro e analizza le ragioni che hanno portato gli israeliani ad essere così vendicativi e astiosi. Propone le modalità che il suo governo dovrebbe adottare per raggiungere questo scopo e per primo è consapevole che richiederà un lungo processo non solo politico ma psicologico perché , afferma, gli ebrei “conoscono il tempo, non lo spazio”. E la sindrome dell’accerchiamento è dura da sfilare.

Ma dobbiamo sostenere questa voce che possiede il dono della misura nell’analisi della storia passata e presente.

Non sarà Grossman a portare pace fra israeliani e palestinesi, ma se e quando avverrà ( il prima possibile ci auguriamo) , egli avrà dato un contributo rilevante di idee per la costruzione, smascherando quelle per l’ossessione.

Narda Fattori



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