In una bella intervista su Tuttolibri Massimo Carlotto racconta delle molte letture che lo hanno accompagnato nel periodo in cui, ingiustamente accusato, è stato in carcere. Libri che davvero hanno dato sostanza a quanto affermava, tra gli altri, anche Cesare Pavese:
La letteratura è in grado di rappresentare una difesa contro le offese della vita
E parla di uno dei libri che hanno segnato anche i miei giorni da ragazzo, Massimo Carlotto, e dice:
Mi aveva poi conquistato "Cent'anni di solitudine" di Gabriel Garcìa Marquez che ho ripreso in mano di recente e ho trovato di una noia mortale
Noia mortale? Possibile?
Possibilissimo. Ed è per lo stesso motivo che quel libro non lo più nemmeno avvicinato, semmai insistendo a ripetere tra me e me frammenti di frasi ed emozioni, accarezzando magari l'idea di pagine come quella del colonnello (era colonnello?) Aureliano Buendia, con i suoi pesciolini e le sue trentadue (trentadue?) rivoluzioni fallite. Per lo stesso motivo nemmeno ai miei amatissimi libri di Emilio Salgari sono più voluto tornare, eh sì che sono ancora con me.
Con i libri che ci hanno fatto sognare, con i libri in cui siamo precipitati dentro, ne sono sicuro, non dobbiamo essere il postino che suona due volte. Non dobbiamo mai tornare sul luogo del delitto, per scoprirci colpevoli almeno almeno di un tradimento.