di: C.Quatriglio
con: A.Rohrwacher, A.Balestrieri, M.Riondino, G.Aronica
Documentario - ITA 2013 - 35 min
Dove si fissa il punto oltrepassato il quale non e' più possibile discernere con chiarezza l'ambito di un "progresso" oramai tiranno, quindi in primis volubile, dispensato nella mera forma di un accavallarsi esponenziale di risultati numerici, da quello che si era soliti considerare - almeno perché dato ineludibile del quotidiano di ognuno, con i suoi slanci e i suoi rovesci - il retaggio primo, antropologico verrebbe da dire, della conservazione della vita e delle relazioni umane ? Quanta pigrizia mentale, quanta fiducia malriposta, quanto opportunismo senza precauzione e' stato speso nel conformarsi ad un'"idea" - lo "sviluppo", appunto, miglior fraintendimento del
suddetto progresso, con a ruota un seguito tanto forzosamente imposto quanto genericamente definito: crescita, incremento, benessere et. - e ad una prassi, ancor più inesorabile nello splendore freddo dei suoi parti, nel rigore contundente della sua "efficienza", del di lei "braccio armato", la Tecnica ?
Per mezzo di questi (e sono solo alcuni) interrogativi che "pulsano" sullo sfondo, "Con il fiato sospeso", già a Venezia 2013, di Costanza Quantriglio - autrice nel 2012 del pluripremiato "Terramatta" - ci mette davanti agli occhi in poco più di mezz'ora e utilizzando linguaggi diversi (una nuova via ? Di certo, il più recente cliché di "cinema del reale" le va stretto), dalla vera e
propria opera di finzione, all'inchiesta giornalistica; dalla ricostruzione puntuale dei fatti, al 'journal intime', tutti quei nodi iniziali - ad integrazione di eventi su cui le cronache tendono a sorvolare se non addirittura a passar sopra - riformulandoli in una delle grandi angosce
contemporanee: quanto e' diffusa e stratificata la consapevolezza per cui il concetto stesso di "espansione" (tecnologica, economica, finanziaria), l'insindacabilità delle sue logiche, e' arrivato ad insidiare l'incolumita’ umana, portando a compimento quel disperato quanto tragicamente preveggente monito lanciato, tra i non molti, dai CCCP in "Morire" - sembrano passati secoli, e tutti invano - nella forma, ad esempio, di "tu devi scomparire anche se non ne hai voglia", e per non parlare della sinistra trimurti "produci, consuma, crepa" ?
L'abbrivio, giocato sul registro narrativo della reinterpretazione, ci offre il racconto di Stella/Rohrwacher, ricercatrice alla facoltà di Farmacia, della sua attività presso il laboratorio di Chimica e di come tale periodo, col passare del tempo e il sommarsi d'impressioni e repentine evidenze, abbia ingenerato sospetti inerenti la "tossicità ambientale" del luogo di lavoro. Al punto che la morte per cancro di un coetaneo, Emanuele/Riondino - e qui ai innesta la verità documentale tratta dal diario personale di Emanuele Patane',
ricercatore all'ateneo di Catania morto nel 2003 (in tempi diversi altri ricercatori hanno subito medesima sorte) si ipotizza per (la legge sta facendo ancora il suo corso) l'esposizione ad agenti letali - scatena un fitto scambio di vedute con l'amica musicista, ex studentessa della stessa università, nonché co-inquilina, Anna/Balestrieri, convinta che sarebbe il caso, per Stella, di lasciar perdere tutto.
Il piano sul quale prende forma l'itinerario sociale ed umano di Stella s'interseca via via sempre più con quello di Emanuele, in specie con le pagine del suo diario lette da una voce tranquilla ma ferma che ripercorre, come fossero le tappe di un progressivo disvelamento, i giorni di un'avventura interrotta: dalla fugace euforia per i fondi messi a disposizione da un grosso nome della galassia farmaceutica, all'aspetto anche routinario di mansioni che non possono prescindere da pazienza e applicazione. Dai dubbi e dalle inquietudini senza immediato esito, al manifestarsi dei sintomi del male (e qui pare di sentire Anne Sexton e la sua "Per l'anno dei folli": "Ho questa paura
di tossire/ma non parlo,/la paura della pioggia, la paura del cavaliere/che arriva galoppando nella mia bocca/.../Vedo due sottili righe che mi bruciano rapide giù per il mento"). Il quadro prende così forma e forza e si precisa nell'indagine ravvicinata - gli occhi irrequieti e sempre più sconfortati di Stella; le sue reticenze, le sue incredulità - in cui prevalgono chiaroscuri e toni sfumati; e nelle inquadrature interne ed esterne ai laboratori, in cui la luce artificiale identifica persone ed oggetti con maggiore nettezza ma raggela l'insieme in una sorta di muta e ostile "distanza", come se i neon e i neri, i grigi, i verdi et., parlassero la stessa lingua della "morte al lavoro".
Inseguiti o evocati dalla mdp, intrisi di un lirismo dolente ma antiretorico, i personaggi/testimoni di "Con il fiato sospeso" nella secchezza della loro parabola s'ipostatizzano spontaneamente, senza necessita' di ulteriori sottolineature. Lo scandalo di morti insensate a cui e' sotteso un grumo di questioni decisive rimosse (per quanto ancora ?) si ribadisce nel tentativo di raccontare la sofferenza senza enfasi o facili ricatti. Nell'insistere a comprendere questa realtà che non fa che dire di essere l'unica possibile e non mostra il minimo interesse ad essere compresa, bensì solo assecondata. Ma quello scandalo e quelle domande restano. Comunque. Ed e' anche da qui che si comincia a rispondere.
(Trasmesso di recente - benché alla chetichella - dalla RAI, in un raro guizzo di resipiscenza).
TFK
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