Un libro meraviglioso, Butcher's Crossing di John Williams (Fazi), con una scrittura cinematografica che consente al lettore di immergersi nella realtà di un piccolo villaggio sperduto del Kansas nel 1873. L’epopea del West vista attraverso gli occhi di un gruppo di personaggi che poco hanno dell’eroe romantico a cui ci ha abituato la vulgata hollywoodiana.
La cosa sorprendente di questo romanzo è la capacità di attrazione senza effetti speciali; è una lettura che ti avviluppa con descrizioni minuziose e scarni dialoghi senza nessuna caduta di tensione.
Azzeccatissimi i personaggi, a cominciare dal giovane Andrews, in fuga dalla borghese Boston alla ricerca di avventure, che sbarca nel villaggio di Butcher’s Crossing. Si lascia convincere a finanziare e partecipare ad una caccia al bisonte in una valle tra le montagne del Colorado che durerà molti mesi. Con lui partono l’esperto cacciatore Miller, che assume anche la guida della spedizione, lo scuoiatore Schneider e il loquace vecchietto Charley Hoge, amante del whisky e assiduo lettore della Bibbia.
La rappresentazione che ne esce è magnifica e rende perfettamente l’idea della strage di questi animali in un contesto ambientale tanto bello quanto inospitale. Descrizioni che nulla lasciano all’immaginazione, trasportano il lettore in un mondo di sangue, budella e odori nauseabondi dove l’uomo uccide senza criterio e per pura avidità.
Incuriosisce la totale assenza dei nativi e di qualsiasi riferimento alle conseguenze che hanno subito a seguito della strage di bisonti.La storia di John Williams, scrittore scoperto e apprezzato solo dopo la sua morte, è veramente particolare. Scrisse solo quattro romanzi assai diversi tra loro ed un quinto rimase incompiuto per la sua scomparsa causata dai problemi di alcolismo che lo attanagliarono negli ultimi anni di vita.“Butchers’s Crossing” è il suo secondo romanzo. Cronologicamente viene prima di Stoner, libro considerato il suo vero capolavoro ed artefice della sua fama postuma.
Arnaldo Melloni