Con la testa tra le nuvole

Da Archeologo @archeologo
Da qualche anno si sta affermando, grazie alla diffusione massiccia della connessione internet veloce, l'utilizzo di tecnologie cloudTraducibile come "nuvola", si intendono tutti quei servizi disponibili online. Più semplicemente: modificare immagini direttamente su un sito web o caricare e consultare documenti in cartelle virtuali. L'utilità pratica è facile da intuire. Pensiamo ad una cartella cloud: questa cartella, piena di documenti, immagini e altro, sarà disponibile sul mio pc, oppure sul mio smartphone e su qualsiasi periferica connessa ad internet. In sostanza avremo tutto ciò insieme a noi senza bisogno di portare una memoria fisica e privi dei limiti di spazio tipici di questi strumenti

Le maggiori aziende del settore già da tempo offrono servizi, gratuiti e a pagamento, per archiviare documenti online. Il più noto è Dropbox, che fornisce gratuitamente 2 GB e altro spazio per ogni utente invitato a partecipare; molto buono è anche SkyDrive della Microsoft con 7 GB disponibili gratuitamente. Ancora meglio è Google Drive, il sistema dell'omonimo motore di ricerca; quest'ultimo, integrando i servizi prima resi con Google Documenti, permette di archiviare file ma anche - e questa è un'importante novità - di produrli: si possono scrivere documenti, presentazioni, fogli di calcolo da salvare nel formato preferito, come un qualsiasi software di produttività personale (tipo Office), con 5 GB gratuiti (ma i file prodotti con Google non vengono conteggiati). Tutti questi servizi rendono possibile sia la sincronizzazione dei file che un vero e proprio storage digitale (cioè una cartella virtuale dove caricare file a cui accedere quando preferiamo), e l'accesso è sempre possibile sul proprio browser oppure con un programma sempre gratuito. Molto spesso viene proposto un ampliamento di spazio con un canone mensile: Google ad esempio offre 25 GB a 2,49 dollari al mese oppure 100 GB per 4,99 dollari (qui tutte le tariffe)

Ma dopo aver testato tutti questi prodotti (qui un'ottima tabella per confrontare le offerte), il migliore è certamente Bitcasa. Frutto di una piccola start up statunitense, offre un servizio incomparabile: uno storage - al momento gratuito, dal prossimo anno a pagamento a circa 10 dollari - infinito. In realtà si tratta di 7,99 EB ossia exabyte: 1 EB corriponde ad un miliardo di gigabyte, praticamente una quantità infinita. Una volta installato il programma, Bitcasa crea un hard disk virtuale dove caricare qualsiasi tipo di dato; volendo si può anche creare un "mirror", ossia una cartella sincronizzata, o condividere un file o una cartella con chiunque inviando un'email. Tutto ciò - grazie anche alle applicazioni per mobile - ci consente di accedere ai nostri documenti, video o musica da qualsiasi dispositivo connesso (anche se è possibile mantenerne una copia in remoto), senza il rischio di perdere o distruggere nulla

Non è quindi difficile immaginare le straordinarie potenzialità per la ricerca archeologica, anche sul campo. Ad esempio, con delle cartelle online si possono condividere i documenti di scavo o articoli di bibliografia tra computer, oppure più utenti possono lavorare fisicamente sul medesimo documento (una delle potenzialità di Google Drive) tenendo nota della modifica di ognuno, senza più confondersi tra diverse versioni dello stesso file. Si può anche mantenere un backup dei dati di scavo, oppure - ma qui affrontiamo tecniche più complicate - realizzare sistemi gestionali che raccolgano i dati dello scavo in diretta e li archivino direttamente online. Come ha fatto Bogdan Bobowski, archeologo polacco dell'Università di Zielona Góra, che a Danzica ha utilizzato un Kindle (il lettore di ebook di Amazon in vendita a 79 euro) e un sito web per produrre gratuitamente e facilmente un'app (nello specifico Zoho Creator), così da realizzare un sistema di archiviazione dei dati online con un database archeologico personalizzato, il tutto presentato comodamente in un video su YouTube. La cosiddetta rivoluzione digitale a cui stiamo assistendo è un cambiamento talmente radicale che obbligherà anche il polveroso mondo delle scienze dell'antichità a ripensare in maniera profonda il proprio ruolo. È davvero impossibile pensare ad importanti relazioni di scavo che attendono decenni per essere pubblicate, quando (volendo) il dato viene reso pubblico immediatamente. È comprensibile che l'interpretazione dell'indagine archeologica - che è il vero compito dello studioso - abbia bisogno di tempo. Ma non c'è davvero più alcun motivo per non risparmiarlo

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