Non parlo solo della cessione di beni e aziende pubbliche che sarebbero invece un bene strategico in vista dei tempi di ferro a cui stiamo andando incontro, ma anche e sopratutto dei meccanismi destinati a rendere le banche e la finanza padrone assolute del Paese. Tra le poche novità del decreto figurano infatti i minibond: per le società di capitale finora escluse, in particolare le piccole aziende, sarà possibile l’emissione di titoli per la raccolta di risorse sul mercato dei capitali, monetario e finanziario, senza per questo doversi quotare in borsa. Ma ecco la gabola: per poter accedere a questo strumento la miriade di piccole aziende dovrà essere assistita da uno sponsor nella figura di una banca o di una finanziaria. Naturalmente dovranno non solo pagare il servizio, ma rassegnarsi a essere in balia totale di istituti di credito o di operatori della finanza. Non è difficile immaginare che in un’era di vacche magrissime o moribonde chi investirà in minibond saranno le banche stesse che così si risucchieranno buona parte delle nostre Mpi. E se non saranno loro si cadrà dalla padella nella brace: chi altri può disporre di denaro facile per investimenti così incerti? Domanda da dieci centesimi. Forse potrebbe rispondere Saviano che tuttavia vive e lotta con Monti per interposto ingegnere.
Inutile dire che l’obiettivo finale è quello di mangiarsi il tessuto vivo del Paese e ancora una volta umiliare il lavoro, di qualunque tipo, impacchettarlo in prodotti finanziari da vendere in giro. Se i piccoli imprenditori fossero lungimiranti dovrebbero essere a Roma con gli operai e accorgersi che l’aver entusiasticamente collaborato a depotenziare il sindacato e a spogliare i lavoratori di diritti, è stato qualcosa che alla fine rischia di rivolgersi contro di loro. Si con Passera si gode, ma solo a chiacchiere.