Con tanti saluti, ma pochi rimpianti.

Creato il 20 gennaio 2013 da Manuel
LA BRITANNICA NICOLE COOKE SALUTA IL CICLISMO AGONISTICO, TOGLIENDOSI UN PAIO DI CARRIOLE DI SASSOLINI DALLE SCARPE. PARLA DI DOPING (E SPUNTA L’ITALIA), DI CHI GESTISCE IL CICLISMO ROSA E DEI MOMENTI BELLI. NEL SITO DI SPORTPRO L’INTERVISTA COMPLETA CHE CONSIGLIO DI CERCARE. Di solito si usa il termine “fiume in piena”. Ma siccome non sopporto troppo le frasi fatte diciamo più che altro che siamo davanti ad un’atleta stufa marcia di un mondo pieno di belle parole e poche di queste mantenute veramente. All’inizio della stagione ciclistica Nicole Cooke saluta tutte, stacca il numero dalla schiena, e si toglie badilate di sassolini. Ne ha per tanti, senza distinzione. “Sono molto felice della mia carriera. Ho molti, molti ricordi felici. Ho cominciato quando avevo 12 anni. Ora ne ho 29, quindi sono 17 anni che ho concluso con soddisfazione. A 12 anni ho sognato come ogni bambino. Volevo vincere il Tour e le Olimpiadi. Ci sono riuscita e non potete immaginare quanto sia felice di essere qui con voi, con i miei sogni realizzati. “Mi sono sentita davvero privilegiata. Ho così corso da prof su strada dal 2002 al 2012. In questi 11 anni ho dato a questo sport la parte migliore di me. E `stato un periodo incredibilmente turbolento per questo sport. Molti concorrenti hanno abusato del ciclismo, trasformandolo in farsa, prendendo farmaci per migliorare le prestazioni. Dopo il tour del 1998 e lo scandalo Festina, era evidente quanto il doping fosse endemico.” La britannica racconta di quando ha conosciuto il lato marcio dello sport, e qui emerge anche l’aria di casa nostra. ”A 18 anni - racconta ancora la Cooke - nella casa che mi aveva dato la mia prima squadra, non ho dovuto aspettare a lungo per scoprire situazioni sospette. Nel frigo c`erano varie bottiglie e flaconi, fiale per siringhe. Chiamai mio padre, e chiesi che cosa avrei dovuto fare. Avrebbero puntato il dito verso la britannica, che riusciva a malapena a parlare l`italiano. E qualcuno avrebbe potuto dire: `Tutte queste fialette sono le sue; abbiamo cercato di fermarla, ma lei continua ad utilizzare il doping tutti i giorni`. Così, ho svuotato il frigo e ho messo tutta quella roba in giardino, dicendo al team manager che doveva pensare lui a sbarazzarsene. Oppure me ne sarei andata. Ci pensò lui.” Ci sono poi riferimenti precisi ad alcune colleghe disoneste del suo periodo. “Genevieve è stata la superstar canadese, un`icona nazionale. Non è mai risultata positiva. Ma ha saltato un controllo antidoping quando mi ha battuto e ha ricevuto solo una multa. Ha superato il 50% di ematocrito e le autorità in linea con la loro legislazione, le hanno solo imposto una sospensione a tutela della salute. Chi ci restituirà le vittorie che Lyne Bessette o la Jeanson ci hanno rubato? La Jeanson ha ripetutamente mentito, proprio come Lance (si riferisce ad Armstrong) prima di adesso. Poi ha confessato di essere stata al centro di un vasto programma di doping da quando aveva 16 anni” Nicole poi tocca il discorso dei calendari, che perdono pezzi senza distinzione di confini e bandiere. “L`UCI ha passato gli ultimi 10 anni cercando di difendere la posizione indifendibile di Armstrong, con perdite di tempo, tipo citare in giudizio per diffamazione Paul Kimmage, oppure cercare le ricevute per le attrezzature acquistate con le donazioni di Lance, o querelare Floyd Landis. Queste le loro `priorità`, mentre il ciclismo su strada femminile, che sembrava così promettente nel 2002, quando ho cominciato come professionista, si è sbriciolato. Sono finite la Milano - San Remo femminile, l`Amstel Gold Race, il Tour de l`Aude, il Tour Midi Pirenei, ed il Tour Castel de Leon. Nessun Tour di massima categoria in America. Nessun Tour in Australia, Nuova Zelanda o in Canada. Invece di un Tour de France di due settimane, non abbiamo più nulla. Oggi, nel mese di gennaio, la gara più importante nel calendario delle donne di quest`anno, quello da cui ho la maglia rosa, non ha organizzatore e nessun percorso (il Giro Donne).” E visto che il mondo del ciclismo rosa viene sempre raccontato – da chi lo compone, da chi lo guida e da chi ci lecca i piedi gironzolandogli intorno – per le cose che funzionano, ecco l’esperienza da parte di un’atleta che proprio in quel mondo fatto di sorrisi a tonnellate ci pedalava, e lo faceva da protagonista. “Per molte atlete la ricompensa è solo un gettone o premi versati in modo capriccioso e ingiusto. Alcune non ricevono nulla. Il contratto? Una barzelletta per quelle di noi che hanno la fortuna di essere nella fascia alta ed averne uno. In 11 anni di carriera ho dovuto portare quattro squadre in tribunale per far rispettare i miei diritti. L`anno scorso, mentre mi preparavo per la difesa del titolo olimpico, sono rimasta senza stipendio da fine marzo. Il manager della squadra si vantava con le ragazze che lui non aveva intenzione di pagare noi e che avrebbe assunto i migliori avvocati italiani per impedirci di essere pagate! Rivelare quello che succede veramente è un vero e proprio tabù: nessuno parla” Nicole chiude con i ringraziamenti di rito. “Le montagne russe della mia carriera ciclistica sono giunte al termine. Ho avuto molti venti contrari, da molti posti che non ti aspetteresti. Molti mi hanno aiutato, ma alcuni nomi speciali sono Andy Walser, Rod Jaques, Chris Price e il chirurgo che mi ha operato alle ginocchia, Jonathon Webb. Inoltre, fin dai primi giorni, Ron Dowling, Brian Rourke e Cliff Poulton, e due non sono più con noi - Geoff Greenfield e Walter Rixon.”.

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