Da ‘Tir’ di Alberto Fasulo, neovincitore al Festival di Roma
‘Zoran, il mio nipote scemo’, di Matteo Oleotto, vincitore a Venezia alla Settimana della critica
‘Piccola patria’ di Alessandro Rossetto, presentato a Venezia nella sezione Orizzonti
Fresco e anche molto discusso vincitore del massimo premio al Roma Film Festival, il Marc’Aurelio d’oro, Tir di Alberto Fasulo conferma un tendenza in atto da un po’. Quella di un cinema made in Friuli (e Venezia Giulia) sempre più vitale, sempre più disposto a varcare i confini con le vicine Slovenia e Croazia per combinare coproduzioni vincenti e produrre storie non così consuete sugli schermi italici. Racconto di un insegnante croato di Rijeka, la nostra Fiume, che per guadagnare più soldi arriva in Italia per diventare camionista, Tir nasce in Friuli, lì è stato progettato, lì ha radici e anima, e di Udine è la casa che lo distribuirà in tutta Italia, la Tucker. La quale si è presa in carico anche Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto, premiato dal pubblico alla Settimana della critica a Venezia e da un paio di settimane nei cinema con discreti esiti d’incasso. Una commedia alcolica e già un po’ balcanica con protagonista un incontenibile Giuseppe Battiston che si muove tra Friuli (che a me pare più Venezia Giulia, sentita l’inflessione veneziana) e la vicina Slovenia. Sempre da quelle parti friulane si svolgono le storie crude e affondate in una sorta di anoressia morale di Piccola patria di Alessandro Rossetto, inquietante, disturbante film presentato a Venezia lo scorso settembre nella sezione Orizzonti, e passato via senza che in molti lo abbiano notato. Peccato. In un Friuli dove passato contadino e futuro industrial-tecnologico si sovrappongono senza riuscire a miscelarsi, due amiche insoddisfatte sognano di fuggire, di cambiare la loro vita. Una vuole ricattare un benestante locale, l’altra userà il suo fidanzato albanese perché il piano si compia. Vicenda sordida, personaggi repulsivi, un nord est estremo travolto dall’avidità e dal rancore sociale. Troppo lungo, estenuante, pieno di difetti, però debitamente duro e impietoso e poco piacione, in questo senso per niente italiano. Un ritratto allarmante del qui e ora di questo nostro paese dalla barbarie etica galoppante. Con una musica bellissima e austera, la tradizionale musica dei cori di montagna, però riscritta e adeguata ai tempi nostri con effetti quasi ipnotici. Una musica analoga la si sente anche in Zoran, e tano basta per proclamarla colonna sonora e segno distintivo di questo nuovo e notevole cinema made in Friuli.