Magazine Diario personale

Con un libro in mano

Creato il 23 settembre 2015 da Povna @povna

Come aveva accennato a suo tempo, uno dei capitoli della storia che lo sceneggiatore ha approntato per quest’anno è quello intitolato “figli d’arte”, e se due dei nuovi acquisti (rispettivamente i figli di DaddyLongLegs e Viscido) incroceranno, sembra, abbastanza poco le strade della ‘povna, altrettanto non si può dire per il terzo arrivo, il figlio della ex-collega di italiano, Bonaria Upper: Scovolino. Scovolino infatti fa lettere, per prima cosa (e in un indirizzo in cui il sotto-dipartimento è costituito da colleghi numero quattro, ci si incrocerebbe comunque); per seconda, lei lo conosceva già dai molti seminari sull’Appennino che ha seguito negli anni, incontri coi nazi-nazisti nei quali insieme a lui e alla sua collega Intensa la ‘povna si era trovata a condividere prospettive di quelle che le piacciono, vale a dire tendenzialmente sghembe e non scontate.
Per questo, quando aveva visto il piano trasferimenti, aveva fatto un salto di soddisfazione: “Stai a vedere che quest’anno abbiamo qualcuno che sul biennio si appassiona, finalmente” – aveva condiviso la gioia e la speranza con Esagono e l’Ingegnera Tosta in una pausa dell’esame dei Merry.
“Ah, Scovolino” – (sospiro di romanticismo), si era interposta la decana Pancakes – “il figlio della carissima Bonaria… Pensa, gli ho fatto da tutor quando è venuto da noi per fare il tirocinio, sono per lui quasi una mamma”.
Al di fuori di uno sguardo tra l’allibito e il compassionevole (che però era stato intercettato solo dall’Ingegnera Tosta), la ‘povna si era astenuta dal commentare, non era il momento. E di certo non aveva voglia di lanciarsi in una gara con Pancakes su chi avesse diritto, a settembre, alle grazie del collega nuovo.
Poi l’estate è andata come è andata, e si arriva al primo collegio docenti. Alla fine dei lavori, la ‘povna (che, come forse si ricorderà, era arrivata al pelo e senza salutare troppo) si gira a cercare quelli con cui vuole, in ogni caso, scambiare un convenevole. Lo sguardo di Scovolino è pronto a intercettarla.
“Ciao, speravo proprio di vederti, dimmi che siamo allo stesso indirizzo”.
La ‘povna conferma. Rievocano brevemente gli ultimi incontri, la ‘povna chiede notizie di Intensa. Poi Scovolino avanza la sua richiesta: “Sono nuovo, ti posso chiedere un po’ di aiuto per orientarmi?”.
“Ovvio!” – ma intanto la richiama Esagono – “Senti, facciamo così: o mi aspetti ma dobbiamo consegnare questa cosa in segreteria prima che chiuda il Provveditorato, cioè tra un’ora; oppure lasciami il cellulare, io ti mando subito un messaggio con il mio e poi ci sentiamo stasera con calma”.
Detto, e fatto. E non solo nel senso che Scovolino le lascia il numero, ma che quando lei gli manda l’sms, di lì a cinque minuti, lui risponde al volo, lasciandole l’email.
Seguono, nei giorni prima dell’inizio della scuola, una serie di scambi organizzativi vari (libri, idee, prime tracce). Poi, alla vigilia del primo giorno (la ‘povna è a Milano, in piscina, e si asciuga i capelli), arriva un messaggio whazzy:
“Ciao ‘pov, domani, dopo la scuola, ti posso chiedere di pranzare insieme, per fare un po’ di chiacchiere su idee eventuali?”.
La ‘povna riflette, e poi decide di rispondere la verità, mettendolo alla prova da subito:
“Sì, ma prima devo andare a nuotare, abbi pazienza; io sono molto flessibile su praticamente tutto, ma sulla piscina non transigo”.
“Che problema c’è? Tanto io abito qui: dimmi a che ora finisci e ti vengo a prendere in piscina e andiamo in un bar da qualche parte. Anzi, se finisci anche tu all’ultima ora ti do anche un passaggio all’andata”.
Così è stato. Dopo la campana del finis (a usare un termine desueto e tanto bello), la ‘povna sale con lui sulla motoretta, si fa lasciare davanti all’ingresso, nuota i suoi 2,5 km, esce, si lava, si asciuga e lo richiama.
Seduti nella via dietro la scuola, al solito baretto, la ‘povna e Scovolino si lanciano in un ardito brainstorming. La soddisfazione di parlare con qualcuno che segua la lunghezza d’onda di una passione autentica per la ‘povna è subito evidente.
“E qui potremmo usare la tecnica non formale dell’Appennino”.
“Ti lascio un repertorio di possibili tracce”.
“Che ne dici di organizzare una gara libraria tra seconde?”.
“Per la poesia io avevo pensato questo”.
“E io quest’altro”.
“Ottimo, appena arrivo a casa ti mando tutto”.
“Grazie, io anche”.
E poi si arriva a parlare di libri.
“Senti” – fa Scovolino – “ma tu usi far leggere il libro mensile, anche al biennio?”.
“Hai voglia…” – sorride la ‘povna.
“Meno male” – (visibilmente sollevato) – “perché per me è fondamentale”.
“Ovvio”.
“Ovvio”.
Segue elenco di letture possibili, e progetti di confronto che si intrecciano.
“Tra l’altro tra biblioteca e libreria storica è possibile organizzare, a spese loro, un incontro con l’autore, ogni tanto” – spiega Scovolino – “che è sempre bello. Io nell’altra scuola l’ho fatto”.
E un’idea attraversa la mente della ‘povna:
“Perché non pensiamo a organizzare il torneo librario sul romanzo vincitore del Campiello?”.
“Dici Balzano?” – fa subito lui. E la ‘povna non fa in tempo a pensare che, vivaddio, c’è qualcuno che è informato sul loro mondo, che lui prosegue: “Tra l’altro è un collega, no, se non sbaglio? Non l’ho ancora letto, perché sto finendo la Ferrante, ma sono al terzo libro, la prossima settimana l’ho stempiata”.
La ‘povna sorride; non sembra, ma questa frase, che in sé e per sé tra colleghi di lettere, a scuola, dovrebbe essere solo ovvia, contiene una quantità di hapax che commuovono. Perché, per lei, è la prima volta (via, diciamo forse quasi la seconda) in quindici anni di servizio (e dopo essersi confrontata con circa una cinquantina almeno di colleghi di lettere, a fare il conto basso) che ritrova in una scolastica risposta le parole che scambia con i suoi amici di fuori, sempre, in una normale conversazione di cultura generale. Ma non glielo dice, ovviamente. E invece:
“Che te ne pare?”.
“E’ una droga” – sorride lui – “un vero melodramma”. Seguono molti minuti a parlare di letteratura con veemenza, per poi tornare al punto:
“Sul libro di Balzano, sono onesta, anche io non l’ho ancora letto. Però ho letto gli altri due, e mi sono piaciuti entrambi. Lui scrive bene, è insegnante, e soprattutto la tematica mi pare assai adatta; e poi è un caro amico dai tempi di Milano”.
“Allora direi che potremmo senz’altro provarci” – Scovolino sorride.
Poi, dopo ancora qualche chiacchiera, la ‘povna vola a prendere il treno.
Ce ne è di già per essere davvero assai contenti – come la ‘povna commenterà con l’Amica Vicina, passata per un aperitivo, qualche ora dopo, soddisfatta. Ma la soddisfazione non è finita.
Il giorno dopo, alla prima ora, Scovolino entra tutto allegro in sala insegnanti:
“Ciao, ‘povna, ho ordinato L’ultimo arrivato; arriva venerdì. E poi, ti volevo dire, a proposito delle idee per le prime…”.
La ‘povna alza gli occhi, e gli vede tirare fuori dalla borsa un saggio di Munari, l’edizione scientifica della Favole di Esopo e un altro paio di testi. Libri veri, di chi capisce la differenza tra un’edizione e un’altra, non fotocopie slavate di vent’anni, brani di manuali, legature imbarazzanti. E si chiede, una volta di più (lo aveva già fatto questa primavera, pubblicamente, in una intervista, coi risultati scolastici che ha raccontato, peraltro), come mai debba dare sempre questa strana sensazione di vertigine incontrare a scuola un insegnante qualunque (di lettere, ma anche no, peraltro) con un libro (vero) in mano.


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