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Conan il Barbaro (1982)

Creato il 23 luglio 2010 da Elgraeco @HellGraeco

Avvenne durante il primo giorno di riprese. Non era ancora mezzogiorno e Arnold Schwarzenegger (Conan) correva inseguito dai lupi da qualche parte in Spagna, tra l’Andalusia e Castiglia e Leòn, o la regione di Almerìa. Suo compito era inerpicarsi velocemente su alcune rocce, le stesse che avrebbero, di lì alla scena successiva, rivelato l’ingresso alla tomba atlantidea, dove Conan avrebbe trovato la sua spada e, con essa, la libertà.
I cani erano veloci e agili e male addestrati e Schwarzenegger stanco e non così lesto come ci si sarebbe aspettato dopo mesi e mesi di allenamento. Uno dei cani gli addentò il mantello di pelliccia e lui finì col cadere tra le pietre e procurarsi un taglio profondo al petto. John Milius, di fronte alle garbate proteste dell’attore, disse: “Il dolore è momentaneo, il film è eterno”.
Da quel momento si seppe che, comunque fosse andata a finire, Conan Il Barbaro (Conan the Barbarian, 1982) sarebbe diventato pellicola immortale. Un’opera che, lungi dall’essere dimenticata, sarebbe stata al contrario imitata e tenuta sempre presente quale termine assoluto di paragone, che avrebbe lanciato la carriera del suo protagonista e che avrebbe incarnato, pur essendo tanto distante dall’immaginario Howardiano, la sua migliore rappresentazione. Sorretta dalla colonna sonora di Basil Poledouris, orchestrale, magnifica e potente, nonché antica e sconosciuta, assolutamente non-medievale, ma aliena, appartenente a un’epoca precedente alla storia nota.

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Conan, questo sconosciuto

Alcuni sostengono che trattasi del miglior film fantasy mai girato. Io non saprei. Quello che so, avendo letto tutti i racconti di Conan e varie biografie sul suo creatore, Robert E. Howard, è che, per me, questo Conan non è quello visto da Howard, quello che, in piedi dietro di lui, brandendo un’ascia, lo minacciava costringendolo a scrivere, altrimenti l’avrebbe tagliato in due metà. A quest’ultimo è stato John Buscema, neppure Frank Frazetta, a dare un volto. Frazetta e le sue fantastiche illustrazioni, oltre alle storie di Howard, sono alla base dell’estetica del film, pur così influenzata dalle asperità rurali spagnole, location eletta d’istinto dalla produttrice Raffaella de Laurentiis, dopo la Jugoslavia, allora come ora connotata da instabilità politica.
Fa specie, così, apprendere dalle parole di Milius per cominciare, e poi via via di tutti gli altri partecipanti al progetto “Conan il Barbaro”, dagli attori ai produttori e scenografi, che nessuno di loro avesse familiarità con il personaggio di Conan e la mitologia howardiana, neppure con il fumetto. Tutti ignoravano la materia, eccetto Gerry Lopez che, ricordo, non era attore di professione, ma surfista in quel di Malibù.
Un non-attore, quindi, ma soprattutto dei non-conoscitori di Conan che, tuttavia, hanno realizzato il più bel film su Conan di tutti i tempi. E lo dico senza aver visto il remake prossimo. E che ci vuole?

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James Bond

La genesi del film fu particolarmente elaborata. Dal momento in cui Edward Pressman concepì l’idea e volle convolgere, su richiesta di Edward Summer, che elaborò la storia, Schwarzenegger, nel 1977, trascorsero cinque anni durante i quali fu contattato Roy Thomas, autore delle storie a fumetti e Oliver Stone che, dal suo canto, aveva preparato un primo script, violento e visionario, con la palese volontà di fornire al personaggio Conan una periodicità alla James Bond. Stone voleva almeno dodici film sul Cimmero e ancora oggi sostiene che le potenzialità del personaggio e della sua saga non siano state capite.
Sia come sia, il progetto fnì nelle mani di Dino de Laurentiis che scelse John Milius, il “generale Milius”, con il basco, alla regia; il responsabile, di fatto, della virata epica, tendente all’elogio della forza e del superuomo, propria della pellicola.
Milius scelse Gerry Lopez (Subotai), convinto che un surfista avrebbe saputo recitare meglio dei figli di papà che puntualmente si presentarono per il casting, Sandahl Bergman (Valeria), l’unica, vera valchiria che avesse [e che il mondo abbia] mai visto e James Earl Jones (Thulsa Doom),  a prestare il volto al rappresentante di una razza estinta, civilizzata, ma decadente, antitesi della ferinità del barbaro così cara ad Howard. E ancora Mako, istrionico attore e fondatore di una scuola di recitazione, Sven Ole Thorsen, il guerriero armato di martello e Ben Davidson (Rexor) giocatore di football negli Oakland Raiders, Max Von Sydow, ne ruolo del Re Osric e la stupenda Valérie Quennessen, la principessa, figlia di Re Osric, ornata di serpenti vivi.

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Curiosità

# Grande influenza, nella realizzazione di questo film e nella caratterizzazione del personaggio di Conan, ha avuto, non già Robert Howard, ma la biografia di Gengis Khan. A quest’ultimo sarebbe da attribuire la risposta di Conan alla domanda “Qual è il meglio della vita?”; Subotai, oltre che essere arciere e compagno di Conan, è anche il nome del più famoso generale di Gengis Khan.; il non idilliaco rapporto di Conan con i cani rammenta la paura che Gengis Khan si dice avesse per quel particolare animale.

# Arnold Schwarzenegger e Sandahl Bergman non fecero ricorso a stuntmen per le rispettive scene d’azione: non se ne trovarono disponibili e soprattutto di analoga stazza fisica.

# Per dare ai costumi di scena un’aria “vissuta”, Dino de Laurentiis obbligò gli attori a indossarli continuamente e non solo durante le riprese.

# Arnold Schwarzenegger dovette diminuire sensibilmente la massa muscolare, perché l’ampiezza del torace era tale da impedirgli di usare correttamente la spada.

# Kiyoshi Yamasaki, che interpreta il maestro d’armi di Conan, fu il vero maestro degli attori nei lunghi corsi di preparazione al film.

# Tracce di Robert E. Howard: il personaggio di Valeria è ispirato all’omonima protagonista del racconto “Chiodi Rossi“; la Torre del Serpente in Shadizar, capitale di Zamora, rammenta quella de “La Torre dell’Elefante”; da “Nascerà una Strega”, la crocifissione di Conan; la scena dove la compagna di Conan (in questo caso Valeria) torna dal mondo dei morti in forma di spirito per salvarlo è tratta da “La Regina della Costa Nera”; Thulsa Doom, infine, è nemico di Kull di Atlantide, altro personaggio di Howard, non di Conan.

# La sequenza in cui un’adepta si lancia nel vuoto su ordine di Thulsa Doom coincise con la realizzazione di un Guinnes Wolrd Record di Caduta Libera Femminile ad opera della stessa attrice.

# Conan il Barbaro fu girato in Spagna, nella regione di Almeria. In quei luoghi si tramanda la conoscenza di un simbolo magico, chiamato “indalo”, raffigurante un uomo con le braccia sulla propria testa, cui si attribuisce il potere di scacciare le streghe e allontanare i temporali. Tale simbolo vediamo disegnato sul volto di Conan, durante il rituale che lo salva dalla morte. La medesima scena è ispirata dell’opera giapponese intitolata “Heichi the Earless”, dove si assiste alla medesima rappresentazione: un corpo ricoperto di simboli magici che è assalito da spiriti del male. Nella versione giapponese, però, i simboli non erano tracciati sulle orecchie di Heichi che così venivano strappate dai demoni.

[fonte: sezione "trivia" della Scheda del Film su IMDb"]

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Carne & Acciaio

Parentesi della vita del Cimmero, dall’infanzia all’età adulta, inseguendo la vendetta verso il responsabile del massacro dei suoi genitori e del suo popolo: Thulsa Doom, avventuriero dedito alla ricerca del sapere e del potere, in ogni forma, in ogni luogo. Il Segreto dell’Acciaio e la Forza della Carne, la carne della mano che lo brandisce divengono, insieme alla simbologia, sole e luna e due serpenti che si fronteggiano, scontro di ideologie, in un mondo decadente, preda della follia religiosa, ben rappresentata dalla caverna, nelle profonde viscere della quale, Thulsa Doom e i suoi discepoli si abbandonano al loro paradiso artificiale di droga e cannibalismo. Dio, il dio del Serpente, dà ai propri seguaci carne di cui cibarsi e felicità nell’oblio e nella perdita della volontà.
Conan, al contrario, è espressione caparbia della vita e della forza. Un uomo che non prega perché non ne ha bisogno e perché, in fondo, il suo dio, Crom, non ascolta. In antitesi con una certa iconografia cristiana, Conan affronta sofferenze e dolore, ma a maggior sofferenza corrisponde maggior forza, in un impeto di inarrendevolezza e ostinazione che raggiunge il suo apice durante la crocifissione, quando, schernito, vilipeso, lasciato a morire, utilizza le sue ultime forze per combattere, per uccidere a morsi un avvoltoio che si sta cibando delle sue carni. Una volontà inarrestabile, che non conosce ostacoli o illusioni di moralità.
Alla fine, neppure gli dei ricorderanno se coloro che hanno preso parte alla battaglia erano uomini buoni o malvagi. Quel che conta, lo dice Conan stesso, è che due si sono battuti contro molti.

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Sul set

Film vecchia scuola, quando ancora gli effetti digitali erano un lusso e i serpenti erano meccanici e ricoperti di simil pelle, quando il regista [Milius] era costretto a improvvisarsi arciere e a scoccare frecce contro la testa del serpente con accanto quella di Schwarzenegger che si dimenava nella [finta] lotta, quando gli stuntmen si gettavano nel vuoto su scatole da imballaggio da 20 metri d’altezza e gli attori rischiavano in prima persona, come Schwarzenegger, assalito dai cani o costretto a mordere il collo di un vero avvoltoio morto per esigenze di scena e successivamente sottoposto a gargarismi forzati per evitare contagi imprevisti e la stessa Bergman, che perse l’indice sinistro [che le dovette essere ricucito] combattendo durante la scena del massacro dopo l’orgia sotterranea, per una parata mal effettuata.

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Auspici

[incredibile a dirsi, ma ci potrebbe essere qualche anticipazione...]

Sul “Time”, Conan il Barbaro venne definito il “Guerre stellari di uno psicopatico”. Come vedete, i soloni sono sempre esistiti e… non hanno mai visto.
Tripla X, divieto ai minori di 17 anni, sono solo alcuni degli omaggi coi quali questa pellicola venne accolta, cosa che procurò una vergognosa censura [e come potrebbe essere altrimenti?] anche in Italiastan, dove circola ancora in televisione una versione tagliata che altro non è che un modo per umiliare un’opera di assoluto valore.
I soloni continuano a esistere e sono sempre ciechi. E inutilmente polemici e arroganti. Ma non sono onnipotenti. E per loro gradirei un finale [metaforico] simile a quello, stupendo, di “Conan il Barbaro”, quando Conan utilizza il troncone della spada forgiata anni prima da suo padre per staccare la testa della sua antitesi, Thulsa Doom, e far cessare, subito, ogni residua illusione, ogni finzione, ogni polemica. Da lì in poi, Conan, sistemati i conti col proprio passato, può finalmente divenire un eroe.

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