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Conan il Vagabondo

Creato il 29 agosto 2010 da Elgraeco @HellGraeco

Conan il Vagabondo

Conan il barbaro, l’eroe o anti-eroe howardiano, nelle mani di Roy Thomas e John Buscema perde ogni consueta ingenuità, propria del suo creatore, divenendo una figura archetipica del guerriero opportunista, ladro, mercenario, puttaniere, etc…, che brucia la possanza della sua giovinezza e vive la vita nel modo più gaudente possibile, allo stesso tempo difendendola strenuamente, citando le sue stesse parole [tratte da questa graphic novel]:

“Un uomo dovrebbe aggrapparsi alla vita finché la falce della morte non lo abbatte, [...] e anche allora dovrebbe sputare negli occhi alla nera signora.”

Per di più, il barbaro partorito dalle fantastiche matite di John Buscema si basava sulla fisionomia di Robert Howard, immortalandolo così come quest’ultimo vagheggiava di sé, della propria prestanza fisica e della propria forza.
Divorare la vita e combattere la morte, sono, come sappiamo, i soli aspetti che il cimmero e lo scrittore non condividevano. Howard assecondò la falce nel deserto texano, a soli trent’anni.
Conan è la sua eredità.

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Impossibile non innamorarsi di questo personaggio che ha saputo lottare e sopravvivere anche ad un’altra invasione, quella dell’uomo comune, il mediocre che vince e convince, in tutta la letteratura fantasy fino ai nostri giorni.
Conan è sempre lì, armato di spada grondante sangue, pronto a staccare la testa ai personaggi ridicoli coi quali ancora ci ammorbano sedicenti autori del genere.
Ciò che dovete tenere presente è che non è solo colpa degli autori. È che li dipingono così.
Pensate a una vita di mediocrità e crisi economiche quale fu quella di Robert Howard.
Forse è vero che la buona letteratura nasce dal dolore e dalla sofferenza. Certo, per farne, di buona letteratura, non è necessario rovinarsi l’esistenza, ma, chi quella sofferenza ce l’ha e la conosce, se la tenga stretta, perché nient’altro darà tanta potenza alla propria scrittura.
Quest’articolo sarà ricco di spoiler. È un’eccezione, ovviamente. Ma ne vale la pena. Io vi ho avvisati.

Conan il Vagabondo

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Conan il Vagabondo è una graphic novel edita in Italia nel 1992 dalla ComicArt. Storia, manco a dirlo, di Roy Thomas e disegni di John Buscema. Non posso darvi molti dettagli sull’edizione originale, perché la ComicArt, apparentemente, non era prodiga nel rilasciare questo tipo di informazioni. Accontentatevi, perciò, della nostra versione italiana.
Sessantaquattro pagine inchiostrate dove il cimmero dà il meglio di sé, accompagnato da una serie di personaggi minori e comprimari fantastici, anche se non brillanti per originalità.
La storia è ambientata nell’Impero di Turan, a est del continente hyboriano. Tra le città sorelle di Forte Ghori e Khawakizm c’è instabilità, dovuta a contrasti e dispute di vario genere. I due rispettivi regnanti hanno quindi deciso di incontrarsi in Forte Ghori durante un banchetto e tentare di porre fine al conflitto.
Conan, come al solito, quando non è impegnato a combattere, che siano mostri o guerre, o a rubare nella villa di qualche ricco mercante, gozzoviglia tra alcool e prostitute, abbandonandosi a risse nelle taverne, quale miglior modo per conservare la forma fisica.
Lo vediamo come siamo abituati a conoscerlo, ubriaco, privo di sensi dopo essere stato picchiato per aver demolito un locale, sdraiato nel lerciume di un vicolo.
Dorme, perciò ancora non sa che, di lì a poco, sarà coinvolto nella lotta per la conquista del potere nella città di Forte Ghori.

Conan il Vagabondo

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Dicevo degli altri personaggi: sono veri, rozzi, malvagi, invidiosi, ma anche compassionevoli, quando occorre e anche capaci di infinite bassezze. In 64 pagine e poche tavole dedicate a ciascuno di essi, Thomas e Buscema riescono laddove falliscono 600 e rotte pagine di pessimo fantasy.
Il Conte Bashi è il fratello deforme di Shamgar Shah, signore di Forte Ghori; costui odia il sovrano ferocemente, sia per sete di potere, ma soprattutto perché quest’ultimo non lesina violenze e umiliazioni assortite verso di lui. Bashi sta cospirando insieme a Nassidren, visir di Tarsu Kahn, sovrano di Khawakizm, per far fallire i negoziati tra i due potenti e così sostituirsi ai rispettivi regnanti.
Bashi è accompagnato da Romm, una guardia del corpo muta, ma gigantesca e dotata di forza erculea.
Se Shamgar Shah è il tipico sovrano inquieto delle nazioni hyboriane, ex-guerriero che mal si adatta, dopo una vita di lotta, alla pace dorata della sua corte, i suoi due figli sono la quintessenza della depravazione:
Darik, molle, pavido e lascivo torturatore di prigionieri.
Zaida, insensibile signora capace di uccidere le proprie ancelle perché invidiosa della loro bellezza scagliando loro contro il suo ghepardo ammaestrato.
Tre potenti annoiati che non trovano di meglio da fare che assistere alle numerose morti che Romm, armato di mazza ferrata, dispensa generosamente nelle arene, aprendo crani, spezzando ossa, tranciando arti.
Forte Ghori è la città corrotta, ricca di sporchi vicoli bui pieni di tagliagole, prostitute ad ogni angolo disposte ad accettare anche pelli di donnola come pagamento e di schiavi da vendere al mercato, spesso figlie di nobili potenti stranieri catturate lungo le arterie stradali da briganti e saccheggiatori.
E tuttavia, una maledizione più grande giace tra le nebbie della palude poco fuori città.

Conan il Vagabondo

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Tra nani infelici e deformi picchiati per la loro natura e lasciati vivere come punizione più grande, odalische e serpenti ammaestrati assassini pronti ad un cenno a mordere la gola del potente di turno, Conan affronta, come sempre, alterne fortune.
Egli non conosce un momento di benessere che non gli venga puntualmente sottratto dal fato.
Non appena la sua esistenza trova un po’ di quiete la situazione si complica in modi inattesi e fulminei, catapultandolo letteralmente in machiavelliche e secolari rese dei conti.
Egli è l’archetipo del barbaro. È l’essere non solo straniero, incapace di adattarsi, ma alieno, col quale antichi e debosciati esponenti di un passato perduto vengono a scontrarsi.
Nelle paludi custodite da un antico sauro [ovvio il richiamo a "Chiodi Rossi"], un vetusto re dimora insieme al suo popolo. Costui ha stretto un patto con un demone: in cambio dell’eterna giovinezza egli ha sacrificato le vite della gran parte dei suoi sudditi, uccidendoli perché il demone potesse cibarsi delle loro anime e condannandoli alla sua stessa maledizione, perché lo servissero in eterno.
Ciò che il demone non aveva rivelato, era che avrebbe sì vissuto per sempre, ma con l’aspetto di una creatura ripugnante.

Conan il Vagabondo

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Non c’è buonismo, né falsi moralismi. Il demone chiede anime di bambini per concedere i suoi favori. Anime che gli vengono concesse senza pentimento alcuno.
Non c’è neppure lieto fine, dal momento che la ragazza che, come di consueto, si trova al fianco di Conan, contrae la maledizione e preferisce farsi uccidere dal cimmero piuttosto che sopravvivere in quello stato penoso.
Non c’è redenzione per personaggi che sono malvagi e corrotti e restano tali, sconfitti dalla loro stessa mediocrità.
Ma c’è la vendetta, quella sì. Che si materializza nell mani del barbaro che, afferrato il cranio del suo nemico, lo sbatte violentemente sul muro, più e più volte, fino a che non diviene poltiglia.
Alla fine, Bashi il deforme regnerà su Forte Ghori e forse anche su Khawakizm, nonostante tutti i suoi piani siano andati storti, se troverà qualcuno disposto a trattarlo con rispetto e ad allearsi con lui.
Ma a Conan questo non importa più.
Egli ha perso tutto ancora una volta. Rapidamente come si tracanna un calice di vino e miele.
Conan è di nuovo in quel deserto, da solo. E continua a vivere.

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