Proprio come la specie umana, soliti lettori, pure il parterre dei concerti rock subisce un’evoluzione col passare del tempo. Evoluzione ben rappresentata dall’immaginetta che testé vi propongo:
Tralasciando le decadi 70, 80 e 90, mi limito qui a considerare come a partire dall’anno 2000 sia sempre più ingombrante la presenza della macchina fotografica (e dell’immagine digitale) nei concerti.
Nei concerti, ma non solo: già, perché siam diventati tutti giapponesi, soliti lettori. Tutti armati di macchina fotografica o aggeggio atto a fermare attimi.
Musei, strade, piazze. Lungomare, lungofiume, lungomonte: tutto diventa oggetto fotografabile.
Ovunque voi transitiate, guardatevi in giro: vedrete qualcuno colla mano alzata a reggere – ben in vista – il suo dannatissimo smartphone, in atteggiamento fotoreporter.
Che poi, fossero il peggio, i vari iPhone e Galaxy.
No: il peggio sono i tablet.
Peggio ancora, i tablet utilizzati a mo’ di macchina fotografica (come se fossero buoni soltanto a far foto, diamine).
Peggio del peggio, l’abbinata tablet utilizzati a mo’ di macchina fotografica /musei - e con musei intendo anche luoghi di culto, spesso ripieni all’inverosimile di opere d’arte.
A questo proposito, vi racconto una storiella.
Mi capitò poche settimane fa di transitare in una chiesa universalmente nota, richiamata dalla quantità di dipinti, statue e affreschi ivi contenuti.
Nella ressa, mi si palesò proprio di fronte un’attempata donnetta dalle dimensioni piuttosto ridotte in altezza (ad occhio e croce, sarà stata non più di 1 metro e 40 centimetri) ma abbondanti in larghezza (un centinaio di chili, etto più etto meno). Ebbene, costei s’aggirava pel tempio armata d’un iPad, intenta a fotografare qualsiasi cosa: dalla statua alla piastrella del pavimento, passando pel raggio di luce che filtrava dall’alto dei cieli (temo che tra un quadro e l’altro abbia fotografato pure la sottoscritta).
Incuriosita dal rotondo elemento, ne seguii le mosse; ebbene, ella si diresse verso una sorta di teca che immagino contenesse la reliquia d’un personaggio degno di nota, a giudicare dalla ressa formatasi tutt’attorno. Notai come la scarsa altezza della donnetta, unita alla calca impenetrabile di gente, le facesse alzare l’iPad a mo’ di Tavole della Legge, quasi fosse una novella Mosè appena scesa dal monte Sinai.
Una scena grottesca.
In quel momento, ruotai lo sguardo e mi resi conto che altri due, tre, quattro, dieci… innumerevoli pellegrini eran armati d’iPad e rivolgevano lo schermo del tablet verso la reliquia, in atteggiamenti i più curiosi: chi facendo autoscatti colla reliquia dietro le spalle, chi ruotando magistralmente l’attrezzo per carpire ogni angolatura della teca, chi spintonando con malagrazia i vicini.
Considerai mentalmente come un buon 90% di costoro facesse parte d’una comitiva parrocchiale, in tour di preghiera; considerai come nessuno tra loro si chiedesse se fosse il caso di mantenere quel che vien definito «un atteggiamento composto», visti il luogo e la di loro fede.
Considerai infine come la sottoscritta Scribacchina, atea dichiarata, pareva esser l’unica ad inorridire di fronte a tanta mancanza di rispetto all’interno d’un luogo di culto.
Non prendetemi per quel che non sono, soliti lettori.
Non son devota né bacchettona.
Converrete tuttavia che un poco d’educazione, talvolta, non guasta.