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Concerto per archi e tromboni

Creato il 11 novembre 2010 da Sogniebisogni

Il futuro di Roma?

Mentre l’Italia è scossa da governi vacillanti, crolli di beni culturali ondate di fango meteorologico e giornalistico, a Roma il sindaco invisibile Alemagno pensa di costruire. Ha tanto tempo libero per pensare, il sindaco. La cosa è ovvia, visto che non fa niente dalla mattina alla sera, anche perché gli hanno tagliato i fondi, incoronandolo però ufficialmente col titolo spagnolesco di «Sindaco di Roma Capitale», cosa che fa scrivere diligentemente su tutti i manifesti che affliggono le mura sbreccate dell’Urbe Maxima.
Mentre cala il turismo, esonda la bolgia del traffico e metà dei musei rischiano di chiudere (compreso stranamente quello dedicato alla Liberazione), di cosa si occupa la suprema Junta Romana? Ma ovviamente del completamento dell’EUR, quartiere fiore all’occhiello dell’amministrazione, perché costruito dal Duce (proprio da Lui con le sue braccia muscolose, penso). Così il Cesar, braccio pensante
[1] dell’Ente Eur, ormai in mano a un pacco di ideologi del razionalismo, supportati scientificamente dal discutibile Léon Krier che ormai sembra un deus-ex-machina dell’architettura, propone il «completamento» del progetto interrotto dell’EUR e la ricostruzione dell’arco progettato dall’architetto Libera.
Non si tratta di un giocattolino, come potete vedere nell’illustrazione, il monumento dovrebbe essere alto 150 metri. «Non si tratta di un simbolo fascista» precisano non richiesti al Cesar con notevole coda di paglia, «L’arco rappresenta la pace». Rappresenta soprattutto per l’erario un costo previsto di 72 milioni euro. Chi li dovrebbe pagare? Ma il ‘project financing’ cioè i privati, naturalmente. Perché dei privati dovrebbero finanziare la costruzione di un tale monumento mi sfugge. Forse pensano di guadagnarci facendo pagare il biglietto d’ingresso? O piuttosto bisognerà promettere loro qualcosa, tipo il permesso di costruire milioni di cubature da qualche altra parte?
Ancora una volta il nauseabondo dibattito sarà probabilmente Eur-fascista/Eur-non-fascista, Eur-brutto/Eur-bello, ma il problema è un altro. Le scelte per la città rimangono completamente ideologiche. In una Roma carente di idee, infrastrutture e precise scelte urbanistiche, perché bisogna perdere tempo a invocare «completamenti» di progetti che risalgono a sessant’anni prima? Perché l’EUR è il fiore all’occhiello della giunta, ma il Colosseo non viene restaurato? Perché i cantieri vanno così lenti, eccetto ovviamente quelli dove sono coinvolti i privati? Perché si continuano a costruire case e caserelle dovunque e invece niente ferrovie e strade?
Altro che archi, questa è musica di tromboni. E da una trombonata all’altra, con l’ideologia si cerca di rastrellare consenso fra i vecchi nostalgici dell’architettura monumentale, invece di cercare soluzioni innovative. Roma non deve tornare al 1942, anche perché la macchina del tempo è fantascienza, semmai deve cercare di entrare nel XXI Secolo. L’alternativa al rifiuto di competere con le altre città europee su infrastrutture moderne non è il ritorno al passato, come potrebbe pensare l’ignaro Alemagno, ma la decomposizione.



[1] Ossimoro voluto, e mi limito, nel parlare di braccio, a membra umane dalla tradizione dignitosa.


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