Concerto: The Cave Singers @ Bush Hall London (20-08-2011)

Creato il 04 settembre 2011 da Figurehead @figureheadblog


Partiamo con un ringraziamento a Londra ed alla facilitá con cui é possibile assistere ad una gig di qualitá, a prezzi piú che ragionevoli ed in una location di prim’ordine.
Tutto questo é sintetizzato al meglio da un concerto come quello dei The Cave Singers che hanno regalato a tutti i presenti alla Bush Hall un’ora abbondante di grande musica, sudata, sporca e genuina il tutto a soli 11 sterline e per questo: grazie Londra!

Terminato quest’elogio spassionato della cittá che ospita la mia vita, intendiamoci Londra non é tutta “rose e fiori”, passiamo al concerto di questo trio di Seattle-USA.

La Bush Hall é ideale per il concerto di una band come The Cave Singers: la venue ha la dimensione della palestra della liceo e la classe, é ricavata all’interno di un ex-teatro, di una villa del ’700.

Tutto questo garantisce un’acustica perfetta oltre ad una atmosfera intima e raccolta ideale per lasciarsi travolgere dall’energia del suono e dalle vibrazioni dell’evemto.

I ragazzi, capitanati dai riff di Derek Fudesco e dalla voce dell’istrionico Pete Quirk (che indossa un cappello giallo canarino quanto meno discutibile) si presentano sul palco della Bush Hall poco dopo le nove e mezza ed in condizioni molto rock ‘n roll.
Reduci dal Green Man Festival, salgono sul palco con visibili, e confessati, strascichi alcolici della sera prima e tutto questo, invece di penalizzare il concerto, gioca a favore dello spettacolo stesso.

The Cave Singers, ancora giovani abbastanza da gestire alla grande un concerto in hangover, si divertono e parecchio, alchimia perfetta per far divertire anche noi del pubblico.

L’inizio del concerto é dedicato a canzoni tratte dall’ultimo ed ottimo album No Witch, rese ancora piú penetranti dalla voce metallica e tagliente di Pete che dal vivo offre una veste nuova ed accattivante alle giá ottime melodie ascoltare su disco.

Subito arrivano l’iniziale e splendida All Land Crabs and Divinity dilatata ben oltre i 3 minuti ascoltati dell’originale ed impreziosita da un’interpretazione di Mr.Quirk degna di un attore di teatro.

La voce di Pete é una delle migliori che mi sia capitato di sentire dal vivo di recente, il tutto, unito alla sua teatrale spontaneitá ed alla sua contagiosa vivacitá sul palco, garantisce un mix esplosivo.
Ogni singola parola di ogni singola canzone é praticamente mimata, non occorre parlare inglese per capire ció che sta accadendo sul palco.

Sempre da No Witch arrivano la movimentata e molto r’n'r Ghost con il parlato di Pete a ruota libera e la chitarra di Mr. Fudesco sugli scudi, la potente e sincopata Black Leaf e la folk-rock Cleaver Creatures (tra le mie preferite) che cresce e coinvolge ad ogni nota di piú con l’armonica di Pete ancor piú tagliente della sua voce.
La parte centrale del concerto scorre via veloce come le pinte di birra consumate in gran quantitá sul palco e giú dal palco.

I pezzi tratti da No Witch, vera ossatura portante del concerto, vengono intervallati con pezzi dei due precedenti album, Welcome Joy e Seeds of Night.
Il concerto, se ce ne fosse bisogno, decolla definitamente da meta in poi con il pubblico ormai definitivamente domato e la band decisamente scatenata e visibilmente a proprio agio.

Se il bello sta nella semplicitá allora Haller Lake ne é l’esempio perfetto, un giro armonico tanto semplice quanto incisivo ricamato attorno alla voce, per l’occasione smussata, dell’ormai sempre più sudato Pete.
Dopo circa un’ora di spettacolo tra scambi di battute con il pubblico e confessioni di alcolismo, oltre ovviamente a tanto rock n’ roll, i ragazzi escono di scena 2 minuti per una rinfrescata e tornano per regalare un’altra manciata di canzoni.

Il pubblico, a questo punto, ha giá realizzato da tempo di aver speso benenissimo gli 11 pound del biglietto, sono le 11 ed The Cave Singers iniziano a “ballare sulle loro e sulle nostre tombe”, attaccano Dancing on Our Gravescon Pete in versione sciamano che balla attorno al fuoco con tanto di marachas in una sorta di ritmo tarantolato e catartico; il saluto migliore per una concerto che piú vero e genuino non si poteva!


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