di Cosimo Giannuzzi
…dopo i fatti di Roma del 15 ottobre
La violenza che si è manifestata a Roma il 15 ottobre scorso da parte di un gruppo ben definito di giovani (denominati Black block) nei confronti di persone, di cose e dei luoghi emblematici del potere economico e finanziario durante una imponente manifestazione pacifica, induce a una riflessione. Innanzitutto va subito detto che è una violenza deprecabile perché non porta ad alcun risultato se non a quello dei danneggiamenti alle persone e alle cose. Le logiche del potere, della comunicazione, degli interessi, infatti, rimangono intatte, in quanto non potranno mai essere modificate da questo tipo di azioni, ma solo dalla politica, ovvero dalle forme riconosciute dalla democrazia per ogni intervento su di esse. Resta però da capire da dove nasce questa violenza, senza che ciò voglia dire giustificarla. I protagonisti sono giovani o giovanissimi verso i quali la politica da anni non fa nulla, anzi, quando lo fa, li danneggia ulteriormente.
Questi giovani sono senza speranza, forse sono gli stessi che mostrano analoghi comportamenti per ragionisportive o nella quotidianità della loro vita, sono dei disadattati, molti con precedenti penali. La cronaca documenta anche la presenza di provocatori, ma saranno le indagini giudiziarie a dirci la loro provenienza. Molti di essi sanno che il loro futuro è la precarietà nel lavoro o che saranno disoccupati cronici e per questo inclini ad assumere comportamenti delinquenziali. Fanno anch’essi parte della realtà, anzi è questa realtà cheli ha generati. E’ controproducente screditarli o respingerli se non si vuole che attuino ulteriori pratiche irrazionali che diano forma alla loro disperazione. La loro è anche una avversione ad un mondo che li respinge. Certamente è faticoso e difficile l’ascolto delle loro motivazioni ma è questa strada che va percorsa se si vogliono comprendere le ragioni di tanta rabbia e prospettare una risposta alle loro aspettative.
E’ questa l’occasione per interrogarci anche sulla violenza del potere politico, quella violenza che non si vede perché è generata da leggi inique che consente al capitale di sopraffare il lavoro, al mercato di oltraggiare la società, alla finanza di speculare sulla vita delle persone con i risultati della precarietà, lo sfruttamento, la riduzione in schiavitù, le morti sul lavoro. Bisogna iniziare ad ascoltare l’esasperazione, la confusione e il disorientamento di coloro che irrazionalmente credono di modificare la realtà rompendo una vetrina, incendiando un’auto o ferendo un’altra persona della loro stessa età. Molti obiettano che oggi si parla di queste persone e non della straordinaria manifestazione che pacificamente ha rappresentato le ragioni della indignazione verso una politica ed una economia ingiusta nei confronti di persone deboli economicamente. Non facciamoci illusioni, anche senza la presenza dei black block le ragioni della manifestazione sarebbero state archiviate. Quanti scioperi, quanti raduni, quante dimostrazioni sono state ascoltate in questi anni? Quasi sempre il potere le ha derise, ridimensionate nel numero dei partecipanti, le ha fatte ignorare dai mezzi di comunicazione di massa. E’ vero che da quando sono apparsi sulla scena politica questi giovani si sono sempre serviti delle manifestazioni per avere protezione nelle loro scorribande, ma è troppo comodo spostare su di loro l’attenzione per non mettere in discussione le scellerate politiche che stiamo vivendo, perché è evidente che l’esistenza di questi gruppi non modifica le ragioni della indignazione, semmai rende più urgente una modificazione della realtà politica esistente.