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Condominio, la trasformazione di finestre in balconi: cosa afferma la legge?

Creato il 09 novembre 2015 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT
Condominio

La trasformazione di finestre in balconi in ambito condominiale è un tema da analizzare con attenzione. È infatti opinione diffusa in dottrina e nella stessa giurisprudenza (ai sensi dell’art. 1102 del codice civile), che gli interventi sul muro comune, come l’apertura di una finestra o di vedute, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dal momento che tali opere non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, e sono l’espressione del legittimo uso delle parti comuni.

Questo però non può prescindere dal fatto che, nell’esercizio di tale uso, debbano essere rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, oltre a non alterare la destinazione a cui il bene è preposto, rispettando i divieti di cui all’articolo 1120 c.c., (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino).

Il nodo centrale della questione si innesta nel rispetto dell’articolo 1122: ovverosia nel principio per cui il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni oppure determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

Tale articolo, nella versione precedente alla modifica apportata dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220 di riforma della materia condominiale, vietava a ciascun condomino di poter eseguire, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, opere che recassero danni alle parti comuni dell’edificio.

Secondo la giurisprudenza il concetto di danno, cui la norma faceva riferimento, non andava limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine estetico, per cui ricadevano nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato (in questo senso una risalente sentenza della Cassazione).

Insomma, la voce di danno di cui all’art. 1122 si riferiva non soltanto al pregiudizio per la sicurezza e la stabilità del fabbricato o al deterioramento di parti comuni causato dai lavori (es. infiltrazioni), ma anche all’alterazione del decoro architettonico.

Con la specificazione aggiuntiva che il condomino, nell’eseguire opere su parti di sua proprietà, altera il decoro architettonico dello stabile nel momento in cui, tenendo conto delle caratteristiche dello stabile al momento dell’opera, dovesse recare un pregiudizio tale da comportare un deprezzamento dell’intero fabbricato e delle unità immobiliari in esso comprese.

Leggi anche l’articolo Balconi, sono esclusi dal computo delle distanze?

La legge n. 220 del 2012 di riforma del condominio ha condiviso e tradotto in norma proprio tali considerazioni: ma la disciplina dei principali problemi relativi ai balconi in condominio è molto più ampia e coinvolge altri interessanti ambiti (dal decoro architettonico alle componenti comuni dei balconi, passando per decori, grate di legno e tende da sole). Per una visione completa di tutte le problematiche relative ai balconi in ambito condominiale Maggioli Editore consiglia la guida pratica in formato e-book intitolata I balconi in condominio, firmata dall’esperto autore Giuseppe Bordolli.

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