“Confessione”, poesia inedita di Fabiola Murri si aggiudica la terza posizione nella sezione C (poesia inedita) della Terza Edizione del Concorso Nazionale Letterario “Oubliette 03” promossa dalla web magazine artistica Oubliette Magazine.
“Confessione”
“Sono una peccatrice.
Creo storie,
evoco memorie,
ho collezionato odori,
annusato muri
fino a sentire l’aroma della paura,
acceso candele,
spento passioni,
sognato sentieri boschivi
di muschio ed erica
da calpestare a piedi nudi,
amato l’odore delle maree,
il profumo del pane fresco,
del camino,
selvaggiamente
ho tormentato il cuore
riempiendolo d’ore di nostalgia,
fughe selvatiche
e approdi…
ho peccato perché
ho seminato fiori di cristallo
in un mondo che va spegnendosi
ma…
la luce è così bella
quando comincia a fare buio fuori!”
“Confessione”, sin dal titolo presenta il suo argomento madre: la confessione dell’autrice rispetto alla vita, ed in particolare alla sua vita. L’andamento soggettivo dell’Io presenta il fattore tempo come se fosse assorbito alla rotazione degli astri.
“Sono una peccatrice./ Creo storie,/ evoco memorie,/ ho collezionato odori,/ annusato muri/ fino a sentire l’aroma della paura,/ acceso candele,/ spento passioni,/ sognato sentieri boschivi/ di muschio ed erica/ da calpestare a piedi nudi,”
Il primo verso della lirica dichiara, senza troppi panegirici, ciò che l’Io Poetico sente di essere: una peccatrice. Dal secondo verso in poi troviamo le accuse che l’autrice si pone, accuse che sospendono la realtà per un attimo. Un verso per ogni peccato e così peccare significa creare storie, essere dei poeti o prosatori che dentro portano milioni di possibili invenzioni letterarie; peccare significa aver sempre nel presente il ricordo e la memoria, collezionare odori, qualsiasi odore che possa riportare alla realtà della vita. Anche un muro, in questo modo, diviene rilevatore di energie quali la paura sentita come un aroma che proviene dal nucleo del muro.
E l’Io si confessa peccatore per le candele che accese e per le passioni che spense in passato, peccatore perché nel mondo onirico ha immaginato distese boschive nella quali i suoi piedi nudi potevano entrare in contatto con la natura, con il muschio e con l’erica.
“amato l’odore delle maree,/ il profumo del pane fresco,/ del camino,/ selvaggiamente/ ho/ tormentato il cuore/ riempiendolo d’ore di nostalgia,/ fughe selvatiche/ e approdi…/ ho peccato/ perché/ ho seminato fiori di cristallo/ in un mondo che va spegnendosi/ ma…/ la luce è così bella/ quando comincia a fare buio fuori!”
Le colpe dell’Io seguono con la dichiarazione di aver amato intensamente anche l’acqua, fonte di vita, ed amato ciò a cui quotidianamente è stato in contatto come il pane fresco, l’odore della legna che arde, ogni elemento della vita che pare semplice ma che nasconde la forza per continuare.
Ed il discorso si sposta verso l’intimo del cuore, perseguitato dalle giornaliere ore di mesta melanconia e di conseguenti fughe ed approdi immaginari.
In finale, l’Io rivela la sua peggiore mancanza: l’aver sperato nella bellezza dell’essere umano. Un disperazione universale che si corrode per un solo luccichio: aver ancora speranza.
Congratulazioni a Fabiola Murri per l’ottimo risultato.
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Written by Alessia Mocci
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