Vieni,lasciaci entrare silenziosi nella sera
E addentrare sempre più nel bosco della notte
Dove vi sono stelle alte,bianche come gigli
E nella luna veglia ancora una bocca di fiaba
( Rose Auslander)
UN APPROCCIO JUNGHIANO ALLA CONSULTAZIONE ASTROLOGICA
di Michael McLay
( 1à PARTE )
Negli ultimi anni si e' verificato un certo numero di momenti critici in cui ho pensato seriamente di buttare i libri di astrologia fuori dalla finestra e non affrontare più l'argomento con nessuno. Non ero soddisfatto del lavoro che stavo facendo con i miei clienti, ed ero frustrato dalle aspettative che questi portavano con sé nel mio studio. Sono certo che tutto questo e' noto alla grande maggioranza di voi. Se il vostro lavoro e' legato all'astrologia, sembra come se ciascun cliente entri dalla porta con un enorme, invisibile compagno appollaiato sulla spalla. Non appena entrano, questa presenza riempie la stanza.
Durante le consultazioni, mi ritrovavo ad impiegare la maggior parte delle mie energie a lottare con qualcuno che non riuscivo a vedere.
Ecco alcuni frammenti del mio re-immaginare.
La prima immagine che emerse fu quella di una creatura oscura bisbigliante all'orecchio del cliente che era molto più sicuro utilizzare l'astrologia per ottenere risposte immediate che per acquietare le rimbombanti profonde correnti dell'anima. Il cliente, ispirato da questi bisbiglii, dice: "Tutti questi discorsi psicologici sono molto interessanti, ma quando incontrero' qualcuno?" "Forse in marzo. Si', marzo sembra buono." "Grazie, adesso posso smetterla di preoccuparmene." E la creatura sorride.
Questa presenza, questa figura d'ombra, sembrava anzitutto scettica e dubbiosa. Immaginavo che avesse un grande desiderio di un maggior accesso all'anima, ma che si aspettasse di essere delusa. Questa figura d'ombra sembrava inoltre spaventata. Forse impaurita di cio' che sarebbe successo se si fosse aperta all'abisso dell'anima. Sicuramente si trattava di qualche tipo di angelo oscuro, e cio' poteva solo significare che avevo una coscienza molto esaltata ed inflazionata del mio lavoro. Fin qui nessuna sorpresa. La presenza oscura infine acquisto' forma e si sviluppo' in una specifica immagine. Rimasi sorpreso dall'immagine, che presi come un buon segno. L'immagine era quella di Penteo nascosto tra gli alberi. Vi ricordate di lui? E' il re di Tebe che rifiuto' di riconoscere la divinita' di Dioniso.
Inizialmente, credetti che questa presenza rappresentasse la personificazione dei malintesi e pregiudizi collettivi sull'astrologia. Cio' mi sembro' ragionevole, ed anche abbastanza ovvio. Ma questo tipo di ragionamento mi indusse ad un atteggiamento mentale di tipo salvifico, col nobile obiettivo di rieducare i miei clienti e, naturalmente, il mondo. Coloro tra voi che si sono trovati sulla via di nobili tentativi per salvare il mondo, sanno che questi assorbono un enorme quantitativo di attenzione e di tempo. Questo e' il motivo dei miei pensieri ricorrenti di buttare via i libri e dedicarmi alla pesca.
Alla fine mi resi conto che l'unico modo per uscire dal mito del guerriero salvatore era di entrarci dentro e che dovevo affrontare il drago nel campo di battaglia dell'immaginazione e non nel mondo
Era inoltre facile vedere la figura di Penteo sulla spalla dei clienti, che li tratteneva dall'abbandonarsi al processo di esplorazione dell'anima. Pero', appena incominciai a vedere più chiaramente la faccia di questa figura d'ombra sull'albero, essa mi sembro' familiare. Era, ovviamente, la mia stessa faccia. Stava diventando gradualmente comprensibile.
Cominciavo a capire che non avrei potuto avvertire la presenza del compagno invisibile, sulla spalla del cliente, che riempiva la stanza tutt'intorno, se la stanza non fosse gia' stata occupata dal mio stesso compagno invisibile. Forse la lotta che sento in atto e' quella tra i due che si disputano lo spazio sull'albero.
Ma di che cosa ha paura Penteo? O di che cosa ho paura io? Io tendo ad idealizzare Dioniso con il dio dell'estasi, come redentore dell'anima, come via d'accesso all'Altro regno. E' un dio spirituale, sicché dobbiamo essere buoni amici, giusto? Poi rammento l'altro suo volto, la sua faccia oscura; puo' anche essere un dio terrifico. Quando viene, si presenta come toro mugghiante, come il selvaggio spirito del terribile. Porta il pandemonio, la follia, non rispetta alcun limite. Avevo forse paura di Dioniso?
Cercai di cominciare a fare attenzione all'andirivieni di Dioniso e Penteo nella mia attivita' professionale e nella mia vita. Feci attenzione a quei momenti in cui i clienti si aprivano all'immaginario, quando si aprivano al mondo interiore delle immagini, all'anima. L'ebbrezza e i tremori quando qualcosa colpisce dentro nel profondo. E prestavo attenzione a quei momenti in cui i miei clienti mostravano disagio, fiutavano il pericolo, cercavano di dare una pronta risposta per acchetare le rimbombanti profonde correnti dell'anima. Sull'albero in cerca di salvezza.
Prestai attenzione a quando mi sentivo a disagio con la crudezza del momento, o il silenzio, oppure a quando davo una rapida risposta che portava un sollievo immediato e una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi raffiguravo la mia stessa anima che scappava arrampicandosi su per un albero. Mentre prestavo attenzione a questi momenti, a questo flusso e riflusso, incominciai a manifestare rispetto e compassione per Penteo, il cui destino e' eternamente legato al dio.
Mentre giocavo con queste immagini, mi resi conto che mi ero erroneamente identificato con il dio. Stavo cercando di distruggere il Penteo che era sospeso nell'aria intorno a me. Che arroganza! Un falso Dioniso che vede Penteo dappertutto ma non in se stesso. Incominciai ad abbandonare il mio ruolo posticcio del redentore o del distruttore di Penteo e rispettavo il suo ruolo eterno nella danza.
Ora, appollaiato sull'albero, osservando il mondo attraverso gli occhi di Penteo, intravedo per la prima volta la pazzia ed i festeggiamenti che avvengono la' sotto.
A volte, la figura oscura nascosta nell'albero e' la via d'accesso all'Altro Regno. E talvolta sono i clienti che ci introducono li'.
Ando' pressappoco cosi'...
Lasciatemi un po' raccontare che cosa ne e' venuto dai miei sforzi di integrare astrologia e psicologia. Cio' che faccio o tento di fare durante una consultazione...
Un conto e' se un terapeuta utilizza la carta del cielo quale strumento aggiuntivo che fornisce elementi sulla terapia in corso con il cliente. Conosco terapeuti che lo fanno ed ammiro il loro lavoro. Ma e' completamente tutta un'altra cosa cercare di fare un che di terapeutico entro i confini di una tradizionale interpretazione oroscopica.
Supponendo che io veda un cliente per un'unica volta (il che e' spesso il caso) per un'ora e mezza o due: come rispondere alle sue aspettative, come fornire una esauriente introduzione alla carta del cielo e guidarlo verso una maggior comprensione di sé stesso, e tutto cio' in un modo che sia in linea con i miei ideali di lavoro sull'anima? Oppure, più succintamente, come posso prendere una persona e portarla in viaggio attraverso la propria immagine dell'anima nello spazio di un'ora e mezza? E come facciamo ad entrare insieme nell'immagine, piuttosto che tenere il cliente a distanza, ad aspettare che glielo spieghi?
Permettetemi di iniziare con una citazione dal libro di James Hillman, "We've Had 100 Years of Psychoterapy and the World is Getting Worse". Hillman scrive: "se nel nocciolo dell'anima siamo immagini, allora dobbiamo definire la vita come l'attualizzazione nel tempo... di quella originante immagine primigenia, cio' che Michelangelo ha chiamato... l'immagine nel cuore, e quell'immagine - non il tempo che l'ha attualizzata- e' la determinante primaria della vita.". E poi prosegue: "io non sono il risultato causale della mia storia - i genitori, l'infanzia e lo sviluppo. Questi sono specchi nei quali posso cogliere barlumi della mia immagine.".
James Hillman
Naturalmente adesso vi diro' che la carta del cielo al momento della nascita non e' altro che un riflesso dell'immagine originaria dell'anima. Considerate la carta del cielo come una fotografia della volta stellata scattata esattamente nel momento e nel luogo di nascita. Un'inquadratura del cielo, che ci mostra "cio' che sta per aria" nel momento in cui siete nati. Letteralmente "cio' che sta per aria" in termini di pianeti e loro rapporti geometrici, e' "cio' che e' nell'aria" dal punto di vista delle immagini e del linguaggio specifico degli dei e dee la' sopra, e delle rispettive interazioni. Come sopra, cosi' sotto. L'immagine primordiale dell'anima individuale e' un riflesso di un determinato momento nella storia dell'Anima del Mondo che la circonda. Alla stessa stregua di un seme caduto da un albero.
La carta natale e' quindi una planimetria dell'immagine primordiale dell'anima, una mappa archetipica della psiche. Se consideriamo la carta una mappa dei modelli archetipici impressi nell'anima all'atto della nascita, allora otteniamo una sensazione del potenziale della carta quale strumento immaginativo, che ci consente l'accesso alle fondamenta della struttura psichica.
Studiando i complessi, C. G. Jung stabili' un'importante distinzione fra gli archetipi, che costituiscono le pietre miliari della psiche, e la rete di associazioni personali che sono ad essi collegati. Un archetipo costituisce il nucleo di un complesso, mentre le nostre personali associazioni formano l'involucro che circonda questi nuclei. Ritengo che questo concetto sia molto importante per l'astrologia. Mi suggerisce l'idea che la carta natale ci offra un accesso immediato in forma simbolica ai nuclei archetipici, sebbene non al materiale personale, ai ricordi, sentimenti, esperienze, etc. che stanno attorno a questi nucleiLa comprensione di questi concetti mi sollevo' dal terribile peso del tentativo di realizzare la fantasia dell'astrologo onnisciente. In realta', non ero costretto ad essere esperto in tutti i particolari della vita del cliente. Non avrei comunque potuto. La comprensione di questa distinzione tra il guscio ed il nocciolo di un complesso - e le sue implicazioni per l'astrologia - fu per me il punto d'ingresso nell'astrologia terapeutica.
FINE PRIMA PARTE