La gente pensava ai fatti propri mentre Tmoul era impegnata a farsi bella. Proverbio marocchino
Uno dei motivi per cui amo la cultura araba è perché i poeti arabi sanno meglio descrivere quello che non hanno mai visto. Un fiore, un animale, una donna sono l’atmosfera che li concerna in astratto, la poesia, il legame con l’oggetto, spesso bastante al mantenimento dell’aura che tiene in vita le cose. Capita perciò che il colore nella cultura araba acquisti la sua preponderanza prima dal nome e poi dalla tinta. Il nome dei colori è prodigioso, e una proliferazione di prodigi gli accostamenti urlanti delle loro contrapposizioni sui tessuti, un concerto nominale il rito di indossarli, stenderli su tappeti che accolgono non la pianta ma l’orizzonte di tutto un corpo. E’ una poesia che dirama precisando l’essenza dell’altro senza un volto che valga più del suo nome e delle parole usate per cantarlo, come se i versi fosse un ornamento e fiorissero il loro oggetto di elucubrazioni effimere al pari dei meravigliosi ricami fati con l’henné su polsi, piedi e caviglie che le donne marocchine celano non del tutto sotto gli abiti. Per questo, in una delle mie visite in libreria mi sono soffermata su un libro. Cittadine del mediterraneo non è un libro di poesia né sulla poesia. E’ un libro scritto da un intellettuale marocchina, candidata al Nobel per la pace nel 2008, che come accade sovente tra le donne colte dell’islam, si è occupata con impegno e profondità tanto di letteratura quanto di politica. Rita El Khayat è stata la prima donna del mondo arabo a scrivere nel 1999 a un sovrano, Re Mohamammed VI, Epistola di una donna a un giovane monarca. Documento che in meno di due mesi è stato tradotto in undici lingue. Cittadine del mediterraneo è una puntuale attestazione d’amore per tutto ciò che da secoli concerne la donna marocchina, nelle abitudini, nelle tradizione, negli obblighi, nelle circostanze effettive del quotidiano, attraverso la spiegazione di parole, oggetti, cerimonie, usanze che sono descritti fin dal nome con occhio amorevole. Questa scrittura è propensa in ogni passaggio a una bellezza che rende il servizio a chi legge di rigenerare e restituire alla contemporaneità una tradizione mondata di quegli aspetti che la rendono troppo pesantemente contenitiva per i nuovi nati in quel contesto. Rita El Khayat, infatti è in questo senso una donna che descrive alla figlia ciò che ama e che è anche la condizione germinale della sua esistenza in vita in quanto figlia e nipote di donne marocchine. Per questo le sue pagine assumono una bellezza che va oltre l’aspetto sociologico dell’analisi dettagliata della cultura marocchina e a buon diritto prendono il titolo di Cittadine del mediterraneo, indicando a chi legge al di là del Marocco, come possibile una cittadinanza restituita ai confini effettivi di se stessa.
Rita El Khayat, Cittadine del mediterraneo, Il Marocco delle donne, Castelvecchi, 2009
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