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Confini. Il dove della Poesia Italiana – Angelo Maria Ripellino

Creato il 01 agosto 2012 da Wsf

Confini. Il dove della Poesia Italiana – Angelo Maria Ripellino

Da: Notizie dal diluvio (1968-69)

28.
Vorrei che tu fossi felice, cipollina, vorrei
che tu non conoscessi il cane nero della sventura,
quando sarai uscito dal blu dell’infanzia.
Vorrei che tu non debba portare bazooka,
che tu non debba tremare nel folto di un bombardamento,
che tu non debba pagare per le mie colpe
né vergognarti di me, del mio cicaleggio
e dei miei vani versi e della mia professura.
Vorrei che tu non fossi mai gramo o malato
o maldestro come Scardanelli,
vorrei vivere nella tua voce, nei tuoi gesti, nei tuoi occhi,
anche quando mi avrai dimenticato.

da Lo splendido violino verde

Guai a chi costruisce il suo mondo da solo.
Devi associarti a una consorteria
di violinisti guerci, di furbi larifari,
di nani del Veronese, di aiuole militari,
di impiegati al catasto, di accòliti della Schickerìa.
E ballare con loro il verde allegro dello sfacelo,
le gighe del marciume inorpellato,
inchinarti dinanzi al volere del cielo.
Guai a chi sulla terra è sprovvisto di santi,
guai a chi resta solo come un re disperato
fra i neri ceffi di lupi digrignanti.

Vivere è stare svegli

« Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
coi suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta
schivare le gonfie parole
vestire con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi di amare.»

SCHWITTERS

Pozzanghere di stelle, il verde cielo
scintilla indifferente alle mie pene.
Sotto lampioni di malva trascino
le mie grandi scarpe sfaccettate.
Ad ogni svolta il ghigno di un oggetto
fa vacillare i miei timidi passi:
dai ponti, dalle torri, dal selciato
scoppiano girandole beffarde.
Battendo sugli spigoli del buio,
gli oggetti sparpagliati si frammischiano
in un magico bindolo che spruzza
di baleni il pudore della notte.
Brillano come maschere di fiamma,
come i galletti d’una luminaria,
canzonando il mio affanno, il mio sgomento.
Ma ho bisogno di loro, il loro scherno
altezzoso e malefico mi aiuta
a vincere l’angoscia dello spazio,
a rivestire di nomi l’abisso.
Ho bisogno d’infarcire il vuoto
di ciarpame, di rancidi feticci.
Sto ammucchiando forcine, cappelli, provette,
ciondoli di vecchie cassapanche,
nastri, chiavette, luminelli, trucioli
in un denso viluppo, in un ordito
che non lasci passare, che disperda
le lusinghe, le raffiche del nulla.

Angelo Maria Ripellino (Palermo 1923 – Roma 1978) è stato professore di Letteratura russa e di Letteratura ceca all’Università di Roma e critico drammatico dell’«Espresso». Ha presentato per primo in Italia le poesie di Borís Pasternàk (Einaudi, Torino 1957) e la prosa di Andrej Belyj (ivi 1961), oltre a un gran numero di altri scrittori slavi, tra i quali i poeti boemi Holan e Halas. La sua antologia di Pasternak, riproposta da Einaudi con il titolo Poesie (2009), è stata pubblicata per la prima volta nel 1957, poi ampliata nel 1959 e molte volte ristampata. Tra le sue opere ricordiamo: Storia della poesia ceca contemporanea (1950), Poesia russa del Novecento (1954), Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia (Einaudi, Torino 1959), Poesie di Chlébnikov (ivi 1968), Il trucco e l’anima. I maestri della regia del teatro russo del Novecento, Praga magica. Teatro e requiem (ivi 1973), che gli valse il Premio Libro dell’anno. Le sue poesie sono pubblicate in due volumi: Poesie prime e ultime (Aragno 2006) e Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde (Einaudi 2007).

[articolo di A.Taravella]


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