Poesie tratte da “Era farsi – autoantologia 1974-2011″
Paginatura
I tempi dei bambini
mi fanno zoppicare
mi segnano col dito
E quando toccano le cose
l’aria comincia a respiare a disegnare
la sua punteggiatura
Di quello scorrere
Di quelle corse che partivano con noi
di quei tre cerchi di rotaie e cielo
Di quello scorrere sugli occhi il passatempo
al sole che riempiva scarpe e vigne.
E cosa su cosa si sarà fermato
nel bicchiere di vino di mio padre
Notti da passare a notti
e figli da sprecare di premura.
Drammatica del foglio
Si fanno passi perchè si rassomiglia
perchè si torna in mente all’illusione
al sogno che ha tenuto labbra e veglia
A ventagli si aggiungono le mani
le ossa le vertigini dell’anno
a muovere questo giuramento
alla bellezza.
*
E’ sbandamento il tempo.
Il corpo è a dismisura
ovulo bianco
gestazione vuota.
Le voci dei bambini
per Agota Kristof
I
La madre pettinava la bambina
lavava la sua faccia
- Mi fai male nella testa -
E lei chiudeva gli occhi
Nascondeva le bambole
prima di addormentarsi
E a chi nascondeva gli occhi
era un segreto
bianco sul foglio bianco.
II
Vado piano per la strada
Gli aquiloni lo chiamavano
per nome
potevo nascere due volte.
- Papà dove mi porti? -
III
Il bambino cattivo
La storia nascosta
ricompare
patto di gomma e di matita
Neanche mia madre se ne accorge
A disegnare quelli che sono veri
ti voglio dire questo “gioco”
Qui ho il vetro nella gola
A disegnare quelli che sono veri:
a disegnare per ultimo mio padre.
IV
Hanno detto che era una bugia
o forse che era un sogno
“Io. Sono. Il bambino cattivo.”
“Non devo parlare”
“Non si tradiscono i segreti”.
Misure
Colpevole di me
mi giro intorno
mi prendo per la taglia e per il collo
Faccio di mani e non fingo intese
orecchio che sibila, ecchimosi di prova.
Non posso nulla. L’altro non somiglia
Vuole risposte e in più misure
al corpo che voleva.
Il figlio delle “donne”
Il figlio cambiato
Io sono il figlio dalla nascita rubata
sono il codice mancato di mia madre
La lettera distonica del soma
Acqua nello specchio
anomalia del rifiuto.
Talé-talé
Talìa talìa
è l’ùmmira ca passa
e occhiu nunn’arridedi
Me matri facìa tanti pinzera
cummigliava la notti e lu spavuntu
E ora
abbissa stu mmurmuriarisi
di corpu
di fogli
a li spartenzi.
Guarda guarda
Guarda guarda / è l’ombra che passa / e occhio non si ferma // Mia madre faceva tanti pensieri / copriva la notte e lo spavento // Ed ora / indovina questo lamentarsi / di corpo / di foglie / ai distacchi.