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Confini. Il dove della Poesia Italiana: Sibilla Aleramo

Creato il 10 giugno 2015 da Wsf

Nunes_Vais,_Mario_(1856-1932),_Sibilla_Aleramo_(1917)

SELVA D’AMORE

Gaudio l’amarti,
illimitato gaudio
credere al riso dei tuoi occhi,’
è vertigine ancora
la certezza d’esser da te cantata,
oh più tardi, negli anni non più miei,
or che tremare la vita sento
sul ciglio estremo…

*

ROSE CALPESTAVA

Rose calpestava nel suo delirio
e il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo invano di creatura.
Rose calpestava,
s’abbatteva il pugno
e folle lo sputo
sulla fronte che adorava.
Feroce il suo male
più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita,
ch’io muoia,
muoia del suo male.

*

NEL BOSCO

Sono andata nel bosco
nel mattino ricco di luce
vagamente per te sperando cogliere
dalla musica tenera dell’aria
qualche fresco sussurro di parole
ed ecco ti porto invece
solo un poco di fragole rosse,
profumano e brillano,
per la tua gioia, o amato.

*

DONNA NEL DOMANI DEL MONDO

Incinta sono di te,
donna che vivrai nel domani del mondo.
In un anno remoto
genitrice fu la mia carne,
le mie fibre ricordano,
ogni giorno era oscuro travaglio,
fisica sofferenza che volontà dominava
e speranza addolciva
ineffabilmente.
Ora non il seme d’un uomo in me
non un embrione dal mio sangue nutrito,
ma nel mio spirito
l’ansiosa proiezione, donna, di te,
di quella che tu sarai,
che lentamente si plasma s’accresce
batte alle porte vuoi vivere,
compiuta forma finalmente
in aura di libertà e purità,
donna nel domani del mondo.
In me ti reco, imagine chiara,
contrasto e compenso
di quanto nel cuore m’angoscia,
patimento di tante misere oggi,
misere per inumane fatiche
misere per scheletriti figli
o per figli rapiti in guerra,
oppur inanimate cose di libidine,
ah avvilita mia specie, onta per tutte!
E altre odo stridule
ridere inconsapevoli
e altre trasalendo veggo
egoiste più ancor dei loro maschi,
avide insaziate d’oro e tossico.
Come se ti portassi nel mio grembo
io in te mi concentro, creatura nuova,
nei lineamenti che tu avrai,
creatura tutta vera in una vita di raggiunta verità,
redenta la vita da ogni ferino residuo,
più bella questa terra ogni dì più
nel lavoro di tutti fervido come un inno,
inno del concorde genio umano.
E non io sola, molte e molte
al par di me in seno ti recano
e in lampi di benedizione
qualcosa del sereno tuo sguardo in lor già traluce,
in salvo anch’esse la visione di te
la speranza la visione di te portano
mentre il mondo d’oggi ci dileggia,
torvo e cieco ci osteggia,
oh tutte brave in oprare e coraggiose,
fanciulle, spose, tenere gravi vegliarde,
in travaglio fiero e pur soave,
ineffabilmente,
per il tuo avvento, donna, nel domani del mondo,
in questo fraterno asilo
giusto e benigno
e di gloria finalmente degno,
armoniosa sovrana tu di libertà e purità.

1950

*

SON TANTO BRAVA

Son tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad aver orgoglio quasi fossi un uomo.
Ma, al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano: «Sera, sera dolce e mia!».
Sembrami d’aver fra le dita la stanchezza di tutta
la terra.
Non son più che sguardo, sguardo perduto, e vene.

*

NOME NON HA

Nome non ha,
amore non voglio chiamarlo
questo che provo per te,
non voglio tu irrida al cuor mio
com’altri a’ miei canti,
ma, guarda,
se amore non è
pur vero è
che di tutto quanto al mondo vive
nulla m’importa come di te,
de’ tuoi occhi de’ tuoi occhi
donde sì rado mi sorridi,
della tua sorte che non m’affidi,
del bene che mi vuoi e non dici,
oh poco e povero, sia,
ma nulla al mondo più caro m’è,
e anch’esso,
e anch’esso quel tuo bene
nome non ha.


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