Nel nostro ultimo articolo abbiamo aggiunto, tra le parole d'ordine della mediazione, il concetto di conflitto, quale elemento essenziale al dinamismo evolutivo delle esistenze, la cui funzione diviene pericolosa in quelle radicalizzazioni in cui lo scontro è negato o, nel polo opposto, in cui è giocato sul fronte distruttivo.
Lo scontro come volontà di confronto con l'Altro e non desiderio di negazione dell'Altro: è questo, invece, che fa della mediazione un processo di educazione al conflitto culturalmente avanzato e inusitato.
Istinti e cultura sembrano, infatti, aver storicamente prodotto due distinte mitologie attorno al tema del conflitto: la tentazione (quando non la volontà) di sopraffare l'Altro e la dirimpettaia rimozione o negazione del conflitto che si crogiola nell'astrattismo della pace. Mediare significa, invece, spostarsi in una zona terza, dove coltivare la consapevolezza dell'improduttiva e sterile concezione del conflitto come sopraffazione, ma anche di una pace che non può essere vissuta come magico oggetto antitetico al conflitto, pena la sua identica insensatezza.
Certo, mentre ci viene semplice comprendere la negatività del conflitto inteso come sopraffazione dell'Altro e udiamo, più o meno in ogni dove, proclami di diniego che condannano tale approccio; decisamente meno diffuso e popolare è l'appello al pericolo della pace quale tentativo di negazione o risoluzione dei conflitti.
Tuttavia, tranne forse nelle fiabe... (Continua a leggere qui...)
Diritto 24 - Il sole 24 Ore: Osservatorio sulla Mediazione Familiare.
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/famiglia/2014-06-19/mediazione-familiare-configgere-senza-102954.php
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Massimo Silvano Galli
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